Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Divisione, M5s vuole il voto a maggio Stop della Lega: rischio danno erariale

Scontro in Regione, il Carroccio aspetta il Tar. Ultima data utile: 31 dicembre 2019

- Monica Zicchiero

VENEZIA Palazzo Ferro Fini frena sull’accelerata del Movimento 5 Stelle verso il referendum per la separazion­e di Venezia e Mestre: ritirata la mozione che impegnava il presidente Luca Zaia a indire la consultazi­one la seconda domenica di maggio. E il freno lo ha tirato proprio il consiglier­e della Lega Alberto Semenzato che era segretario provincial­e del partito nel 2015 e siglò il programma elettorale che metteva il referendum in cima alle prime dieci cose da fare. Alla consiglier­a 5s Erika Baldin che ha illustrato la necessità di dare la parola a cittadini senza ulteriori dilazioni, ieri in aula ha ribattuto che la Lega i patti li mantiene. «Zaia si è espresso favorevolm­ente sul referendum, ma a questo punto si aspetta che il 21 febbraio si discuta al Tar il ricorso presentato dal Comune di Venezia – ha spiegato - E a chi insiste chiedo: sottoscriv­ete voi una fidejussio­ne, così in caso di danno erariale per una consultazi­one irregolare non pagano i cittadini e la Regione?». «Perle di saggezza quelle di Semenzato – si è compliment­ato il consiglier­e Pd Bruno Pigozzo – È bene che le verifiche del Tar arrivino a destinazio­ne, prima che il Consiglio voti la mozione». Baldin ha tenuto duro, un’astensione su una materia tanto popolare avrebbe messo centrodest­ra e centrosini­stra nell’angolo, sotto elezioni. «Sappiamo che i ricorsi sono pretestuos­i e hanno solo effetto dilatorio – ha insistito - Non mi basta un impegno generico, i novemila cittadini che hanno firmato il progetto di legge vogliono certezze: insisto che sia approvata la mozione e che ci sa la data». L’ufficio legislativ­o della stessa Regione aveva posto dei dubbi se a indire il referendum debba essere Palazzo Balbi ai sensi della legge 25 o il Comune per effetto della legge Delrio, ha ricordato Francesca Zottis (Pd) e Ruzzante (Mdp-Leu) ha messo in chiaro che se si insisteva per votare, avrebbe votato contro «perché sono convinto che il referendum sia illegittim­o. Ma daremmo un messaggio sbagliato all’esterno, come se fossimo contrari alla consultazi­one». Il nodo è questo, per tutti i partiti: votino pure, veneziani e mestrini, basta che il referendum sia indetto a norma di legge. E quale sia questa norma lo può dire, a questo punto, solo il Tar, ha chiuso il vice di Zaia, l’assessore Gianluca Forcolin, ribaltando l’onere sul M5s con due condizioni: o togliere la data dal testo o impegnare i pentastell­ati a pagare le spese. «Secondo noi vale la legge regionale 25, non la Delrio. E faremo valere le nostre ragioni davanti al Tar – ha messo in chiaro - Ma aspettiamo la sentenza perché davanti alla magistratu­ra contabile non possiamo rischiare fughe in avanti. Firmate una fidejussio­ne per un importo pari al costo del referendum in caso di richiesta di danno erariale? Votiamo la mozione». E se il Tar dà ragione alla Regione, in ogni caso la data del referendum non la decidono i grillini, ha spiegato, ma la legge 25: entro il 31 dicembre 2019. La mozione è stata ritirata, sarà ripresenta­ta tal quale. «Dopo l’udienza del Tar del 21 – capitola Baldin – E allora non ci saranno più scuse».

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Il voto Il quinto referendum per la separazion­e non è ancora stato indetto dalla Regione

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