Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’appello di Confindustria già divide i candidati veneti tra dubbi e promesse
Democratici e Forzisti si dicono vicini al manifesto, da Lega e Cinque Stelle molti distinguo
Al grido: «Siamo in VENEZIA settemila, non ci potete ignorare», gli industriali italiani, riuniti in assise a Verona, si sono rivolti al mondo della politica fuggendo i massimi sistemi e dettagliando un manifesto che punta tutto, o quasi, sul solco già tracciato dagli ultimi governi, Europa inclusa. A margine, e neppure troppo, Confindustria Veneto chiede di continua a investire in infrastrutture e di trovare i 15 milioni per tenere in vita, almeno su scala locale, Industria 4.0. Richieste nette come netto è il rimprovero urbi et orbi: «Nei programmi dei partiti impegnati nelle prossime politiche spicca per assenza un piano per le industrie».
La politica veneta che ne dice? Prevedibilmente, il Pd gongola. «Nel manifesto di Confindustria c’è un riconoscimento del lavoro fatto, commenta il sottosegretario uscente all’Economia Pier Paolo Baretta - il paese è in ripresa, bisogna continuare così. Naturalmente siamo i più adatti a continuare il lavoro impostato». E Baretta, impegnato in un considerevole tour de force elettorale, specifica: «Il tema impresa-lavoro è molto sentito, soprattutto in Veneto. La ricetta è un programma che integri piccola impresa d’eccellenza, penso al calzaturiero, e potenzialità turistica. Non a caso ho proposto che la Riviera del Brenta, diventi patrimonio dell’Unesco. Lo stesso vale per Rovigo». Parole meno tenere da Roberto Marcato, assessore regionale leghista alle attività produttive, non in corsa ma fra le voci più autorevoli del Carroccio: «Le posizioni di confindustria Veneto sono molto realistiche e in linea con la politica regionale. Confindustria nazionale, invece, è un po’ troppo filogovernativa e non mi sembra che in questi anni abbia brillato per visioni innovative e rivoluzionarie». Molto più spiccia la lettura del compagno di partito e segretario nathional Toni Da Re: «Il vero toccasana è l’abbassamento delle tasse ma serve una maggioranza seria in parlamento». E sull’Europa? «Ha bisogno dei correttivi e dei confronti delle nazioni, lo strapotere tedesco non è più accettabile».
Forza Italia, da parte sua, ha la voce di un Renato Brunetta galvanizzato: «Il Job’s Act ha drogato il mercato, noi faremo molto di più, una Legge Biagi 4.0. Modestamente, abbiamo una storia di capacità da spendere». E se per FI la «proposta principe» è la Flat Tax, la compagna di partito e assessore regionale al Lavoro e alla reindustrializzazione, Elena Donazzan parte dai distinguo: «Almeno il centro destra pone la tassazione come grande tema per le imprese, di contro anch’io non sono per lo smantellamento delle buone norme. Il documento di Confindustria è interessante perché ricorda, ad esempio, ai candidati paracadutati negli uninominali che hanno una doppia responsabilità, verso il partito e verso il territorio». La quarta gamba, con Patrizia Bisinella, aderisce al manifesto veronese: «Condivido le richieste degli industriali, il rammarico per l’ultima legislatura è che non si sia inciso sufficientemente sulla burocrazia e sull’investimento tecnologico». Cavallo di battaglia, quest’ultimo, di un altro veronese, Andrea Dusi, fondatore di 10 Volte Meglio: «Concordo al 70% ma non si parla mai di qualità del lavoro e mancano Intelligenza Artificiale, blockchain, nanotecnologie e biotecnologie».
Convitato di pietra, a Verona, il M5S. E se Francesca Businarolo riassume, candida: «Sembra l’immagine opposta al nostro programma», il collega Federico D’Incà corregge il tiro: «Siamo da sempre vicini alle imprese, nel nostro programma un fisco amico, il digitale e il sostegno a chi, con il tracollo delle banche venete, e parliamo di molte imprese, ha perso tutto». E Leu che dice? No alla precarietà del Job’s Act ma, dice Michele Mognato: «Sì a una nuova economia verde alla Obama. Le grandi multinazionali non pagano le tasse e le Pmi sono soffocate dalla burocrazia fiscale».
Baretta (Pd)
Nel documento di Confindustria c’è un chiaro riconoscimento del lavoro fatto dagli ultimi governi sul fronte della ripresa economica
Brunetta (FI)
Il Job’s Act ha semplicemente drogato il mercato del lavoro. Noi andremo decisamente oltre con una legge Biagi 4.0, è il nostro campo