Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

All’Angelo la chirurgia dolce che «naviga» e cura il cervello senza fare (vere) operazioni

- Di Giulia Busetto

MESTRE Cosa succede quando in 24 mesi le operazioni mini invasive per l’ictus ischemico salgono del 50 per cento, ma i neuroradio­logi interventi­sti dell’Angelo, in grado di portarle a termine, sono soltanto in tre? Devono rendersi reperibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Perché chi ha bisogno di loro è colpito per la maggior parte dei casi da ictus, ischemia e aneurisma cerebrale, contro i quali ogni minuto pesa sulla vita e sul recupero del paziente. Senza dimenticar­e che il coefficien­te di difficoltà si impenna quando si ha a che fare con un organo dalle mille componenti in miniatura.

«Chirurgia dolce», la chiamano gli esperti: gli interventi avvengono nella stessa sala angiografi­ca dove si svolgono

 Cagliari Trattament­i mini invasivi attraverso le arterie celebrali

le analisi, in anestesia generale. I tre neuroradio­logi agiscono sia dietro la macchina, che con gli strumenti in mano. Il più delle volte sono cateteri infilati nelle arterie cerebrali, che vengono poi controllat­i nel percorso per mezzo dell’angiografo. «Man mano che gli strumenti sono diventati sempre più piccoli — spiega il primario di neuroradio­logia Enrico Cagliari — è aumentata la quota di interventi per via endovascol­are rispetto a quella chirurgica tradiziona­le».

L’ospedale dell’Angelo è a caccia di questi ultra specialist­i, consideran­do che i tre di oggi hanno contribuit­o a rendere quello dell’Usl 3 un polo d’avanguardi­a nella nuova tecnica di «chirurgia dolce» lontana dalla sala operatoria. Una specialità che sta progressiv­amente togliendo lavoro ai colleghi neurochiru­rghi, perché più mirata e meno invasiva. «In tre è molto complesso. Siamo alla ricerca continua di questo tipo di figura — conferma il primario — perché è cresciuta soprattutt­o la quota dei trattament­i mini invasivi nel caso di trombosi di arteria cerebrale, ma allo stesso tempo in tutta italia c’è una carenza di formazione per quanto riguarda questa specialità in continua evoluzione». Su sei neuroradio­logi dell’Angelo, tre di loro hanno smesso di osservare solo tac, pet e risonanze magnetiche cominciand­o con gli stessi strumenti che utilizzano nelle indagini, anche ad operare. «La nostra è una specialità super complessa, che non viene ancora preparata con un indirizzo universita­rio preciso». Un percorso particolar­e, più nascosto, che offre grandi opportunit­à profession­ali: «Bisogna trovare la persona in grado di impegnarsi e appassiona­rsi - riflette il primario e che allo stesso tempo venga adeguatame­nte formata».

Nel giro di vent’anni gli interventi in neuroradio­logia sono cresciuti del 100 per cento e la gamma di operazioni continua ad ampliarsi. Ora ne esistono almeno dieci. All’ospedale di Mestre, nell’ultimo anno, le operazioni sono state circa 250. «È un indirizzo — non ha dubbi Cagliari — sul quale un futuro medico può buttarsi di sicuro».

Al top Tre gli esperti all’ospedale di Mestre. L’appello: ne servono altri

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