Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Duvetica cerca di uscire dalla crisi due cordate straniere per i piumini
Salvi i 19 dipendenti. Anche la vetreria Moretti va in concordato
VENEZIA Una cordata asiaticoeuropea ha già presentato la propria offerta. Una seconda sarebbe in arrivo. Segno che, nonostante la crisi finanziaria, il marchio Duvetica, la società dei famosi piumini venduti in tutto il mondo, piace e c’è chi è pronto a investire oltre 5 milioni di euro per rilevarlo. E così il salvataggio del marchio veneto - sede legale a Venezia e quartier generale a Mogliano - si sta instradando nei binari giusti. Il tribunale di Venezia nei giorni scorsi ha infatti anche ammesso il concordato preventivo della società Duvetica Industrie Spa e della capogruppo Brand Safe Holding, pilotato dalla curatrice Caterina Carrer e dal consulente del gruppo, il commercialista Piero de Bei.
Nel giro di un paio di settimane, al massimo un mese, invece, dovrebbe essere bandita la gara competitiva per la vendita di Duvetica Industrie, delle partecipazioni estere (ci sono aziende in Bulgaria e in Croazia, mentre il ramo tedesco è stato messo in liquidazione) e del marchio. La vecchia proprietà, composta da molti soci tra cui spiccano Giampiero Vagliano e Stefano Rovoletto, lascerà dunque la scena per fare spazio a un grande player mondiale che rilanci un’azienda i cui prodotti hanno tuttora un grande successo, soprattutto nei paesi dell’estremo oriente, tanto che il primo boom dei piumini fu proprio in Giappone.
Quanto al concordato, invece, il 14 giugno ci sarà l’udienza dei creditori, che tra banche (quattro quelle più esposte), erario, fornitori e dipendenti reclamano quasi 25 milioni di euro. Per loro, a dir la verità, non ci dovrebbero essere però grosse soddisfazioni, visto che si parla di una possibilità di restituzione che va dal 10 per cento di una società a poco più del 20 per cento dell’altra: da quel giorbanche: no avranno tre settimane per votare il piano e il concordato passerà solo se otterrà la maggioranza. In caso di vittoria dei «no», invece, le due società andranno verso il fallimento, anche se questo non inficerebbe la cessione. A rompere l’equilibrio dei conti erano state almeno un paio di operazioni di investimento poi rivelatesi esagerate e poco redditizie. La prima è stata l’acquisto per 3 milioni, nel 2014, di Villa Bianchi De Kunkler a Mogliano, che nei piani dei manager avrebbe dovuto diventare il quartier generale della società, progetto poi rimasto sospeso. La seconda è stata la famosa vetreria Carlo Moretti di Murano, entrata nell’orbita del gruppo nel 2013, ma che è costata un notevole esborso di liquidità, aprendo una voragine con le la vetreria aveva infatti molti debiti ed era chiusa da alcuni anni, per cui per farla ripartire è stato necessario mettere mano al portafoglio in maniera massiccia. Ora, tra l’altro, anche la Carlo Moretti Srl è in pre-concordato e il tribunale, che ha nominato la dottoressa Carrer come curatrice, dovrebbe esprimersi a breve sul piano predisposto dal commercialista de Bei. In ogni caso la vetreria non fa comunque parte dei beni che saranno messi in vendita tra pochi giorni.
Nel 2016 era stata tentata una prima operazione di salvataggio con la vendita del marchio per il Giappone, ma non è basta a raddrizzare i conti. Ora però il concordato e la vendita dovrebbero salvare i 19 dipendenti italiani e la settantina esteri: in Veneto c’è infatti il «cervello» dell’azienda, tra creativi e progettisti, mentre le fabbriche sono in Croazia (dove lavorano 17 persone) e in Bulgaria, con lo stabilimento più grande che occupa una cinquantina di dipendenti.