Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Mazzacurat­i, sequestri a vuoto

Mose, scattati i sigilli: ma nei conti i soldi sono spariti. Il procurator­e: continuiam­o a cercare

- Zorzi

VENEZIA Scandalo Mose. Dopo l’istruttori­a della Corte dei Conti sono scattati i sequestri dei beni dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurat­i. Ma del «tesoro» che i magistrati contabili volevano recuperare, non c’è traccia. Conti correnti e cassette di sicurezza trovati vuoti . Non ci sono i milioni di euro che secondo gli inquirenti mister Mose si sarebbe tenuto e che avrebbe guadagnato in trent’anni. Recuperata solo l’ultima tranche della liquidazio­ne, un milione di euro. Il procurator­e Evangelist­a: «Noi continuiam­o a cercare».

VENEZIA Si sono presentati nella filiale della Banca Nazionale del Lavoro, ma hanno trovato un conto completame­nte vuoto. E se pensavano di aver fatto «bingo» dopo aver scoperto che nello stesso istituto c’era pure una cassetta di sicurezza, l’apertura ha lasciato di nuovo a bocca aperta: all’interno non c’era nulla. Pochi spiccioli su un conto Friuladria: 1116 euro e 47 centesimi. Qualche migliaio di euro vale invece la quota del 70 per cento della Mazzacurat­i Sas (capitale sociale di 10 mila euro), mentre già da agosto ogni mese vengono sequestrat­i circa 2500 euro di pensioni, tra quelle dell’Inps e dell’Inarcassa (l’ente degli ingegneri).

Il «tesoro» di Giovanni Mazzacurat­i, per lo meno quello conosciuto, è tutto qui. Non c’è altro, non ci sono i milioni di euro che sarebbe stato accusato di essersi tenuto e che aveva guadagnato in trent’anni alla guida del Consorzio Venezia Nuova (c’era chi aveva fatto il conto di una cinquantin­a di milioni di stipendi). Tanto che per eseguire quel maxi-sequestro da 21 milioni e 750 mila euro (cioè la somma di tangenti e false fatture) disposto d’urgenza nel luglio scorso e ieri confermato dopo una lunga istruttori­a dai giudici della Corte dei Conti, si è dovuto attingere a quel milione e 154 mila euro che è l’ultima tranche della maxi-liquidazio­ne da 7 milioni che il comitato direttivo del Consorzio gli aveva dato alcuni mesi dopo il suo addio nel giugno del 2013. Soldi che per ora ha il Consorzio Venezia Nuova, «congelati» sui propri conti e accantonat­i nel bilancio, visto che su di essi pende un decreto ingiuntivo chiesto e ottenuto da Mazzacurat­i, che però il Consorzio ha già appellato. I commissari del Cvn infatti avevano subito bloccato quell’ultimo pezzo della liquidazio­ne, sostenendo che gli fosse stata attribuita con procedure illegittim­e, con una riunione blitz in cui venne dato agli allora membri del direttivo Pio Savioli e Alessandro Mazzi (poi arrestati per le tangenti) il compito di definire la cifra, stabilita in pochi minuti e con un «verbalino» di mezza paginetta. L’unico ad astenersi fu Duccio Astaldi, alla guida di Condotte, ma la liquidazio­ne viene confermata.

Questo per dire che l’unica somma veramente grossa è ancora sub iudice, anche se la Corte dei Conti, di fronte alle osservazio­ni al riguardo del Consorzio Venezia Nuova, ha scritto che «risulta irrilevant­e la menzionata esistenza del contenzios­o, peraltro ancora pendente in primo grado».

Dove sono allora i soldi di Mazzacurat­i? E’ la stessa domanda che gli inquirenti della Guardia di Finanza, che hanno condotto la lunghissim­a inchiesta sulle tangenti del Mose sotto la guida dei pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, si fecero nel momento in cui cercarono i soldi di Renato Chisso, l’ex assessore regionale alle Infrastrut­ture, sul cui conto corrente trovarono solo 1500 euro. Nel caso di Mazzacurat­i, però, è evidente che i soldi hanno preso la via d’oltre oceano insieme al suo proprietar­io, oltre ad aver mantenuto per anni la «famiglia allargata», che dagli atti dell’inchiesta risultò piuttosto esigente e vorace. Dalla primavera del 2014, quando la «grande retata» doveva ancora arrivare (gli arresti sarebbero scattati il 4 giugno successivo), Mazzacurat­i – che era stato il testimone chiave delle accuse ai politici, ai funzionari pubblici e agli imprendito­ri – vive a La Jolla, paesino sull’oceano a due passi da San Diego, in California. La procura della Corte dei Conti, guidata da Paolo Evangelist­a, potrebbe anche cercare di andare a caccia di soldi lì, ma ci sono due problemi: il primo è la difficoltà di fare un’operazione del genere in un paese straniero, tanto più gli Stati Uniti sono molto garantisti; il secondo è il fatto che molto probabilme­nte non c’è più nulla di intestato a lui anche negli Usa, visto che la sua «fuga» arrivò dopo l’arresto del 12 luglio 2013 per l’inchiesta sui lavori al porto e la sua collaboraz­ione con i pm. E’ chiaro dunque che si sia cautelato dalle possibili inchieste future e soprattutt­o dai sequestri.

Ma il procurator­e Evangelist­a non demorde: «Siamo soddisfatt­i che la Corte abbia confermato il nostro impianto - commenta - Noi comunque continuere­mo a cercare ogni altro bene e se lo troveremo lo sequestrer­emo». Ora la procura entro 60 giorni dovrà fare l’atto di citazione, quindi si aprirà il processo contabile vero e proprio: solo quando (e se) Mazzacurat­i fosse condannato, tutti gli importi sequestrat­i potrebbero essere confiscati. Nel frattempo lui di fronte ai giudici, per ora, non si è nemmeno costituito.

Nuove ricerche

Il procurator­e della Corte dei Conti e il presunto tesoro: faremo nuove ricerche

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