Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ivory: «Guadagnino e i miei giorni nel palazzo veneziano»

Il regista americano ha scritto in Laguna parte della sceneggiat­ura di «Call me by your name», il film candidato all’Oscar. «Questa città e la sua bellezza sono importanti per aiutarmi a raccontare l’Italia». L’amicizia con Toto Bergamo Rossi

- Sara D’Ascenzo

Compirà 90 anni a giugno. Eppure questo signore americano che sempre più ha l’aspetto e l’incedere di un lord inglese, domenica si gioca la partita degli Oscar con la sceneggiat­ura del film Call me by your name di Luca Guadagnino. James Ivory, classe 1928 e un legame con Venezia che risale a sessant’anni fa, quando, come saggio alla scuola di cinema, portò un piccolo documentar­io sulla città d’acqua, ha scritto la storia d’amore tra Elio e Oliver, consumata in un’estate degli anni ‘80 nello scenario di una villa da sogno nella campagna lombarda, trascorren­do molte delle sue giornate proprio a Venezia, a palazzo Bizio Gradenigo, ospite dell’architetto e restaurato­re veneziano Toto Bergamo Rossi, direttore di Venetian Heritage, che da qualche anno l’ha coinvolto nella salvaguard­ia del patrimonio di Venezia come socio e testimonia­l.

Ivory che tipo di lavoro ha fatto per la sceneggiat­ura del film di Guadagnino?

«Ho letto il libro un paio di volte, ho parlato del libro con Luca (Guadagnino, ndr) che in quel momento stava girando A bigger splash e ho deciso che avrei fatto qualche taglio rispetto al romanzo, che è scritto tutto in prima persona. Ci siamo visti con Luca un paio di volte a Crema e gli ho esposto le mie idee. Poi ho scritto il film tutto a mano, perché non uso il computer. Penso di averci messo sei mesi, perché non ho lavorato in maniera continuati­va».

Venezia ha influenzat­o la sua visione di questa famiglia italiana cosmopolit­a che ogni estate ospita uno studente straniero?

«Sono stato in Italia molte volte nella mia vita. E certamente Venezia, come Firenze, sono state importanti per raccontare l’Italia. Devo anche dire che la vita di quella famiglia è descritta molto bene nel libro di Aciman (da cui la sceneggiat­ura è tratta, ndr). Aciman parla italiano, ha vissuto per un periodo in Italia e si capisce leggendo il libro. Ho provato lavorando a questo film le stesse sensazioni che ho provato scrivendo e girando Camera con vista che è girato a Firenze».

Alcune scene e alcune inquadratu­re del film di Guadagnino risentono proprio di quel film...

«Sì, lo penso anche io. Entrambe le storie hanno punti di contatto. Sono storie d’amore e parlano di stranieri attratti dal bello dell’Italia».

Nel film ci sono anche dialoghi sulla politica italiana

dell’epoca, riferiment­i a Craxi, perfino a Grillo e i socialisti. Sono suoi anche quelli?

«No, non sarei stato in gradi di farli, Quelli sono di Luca e degli attori coinvolti nel film».

Perché il film di Guadagnino piace tanto? Qual è la magia di questo film che è la storia d’amore tra un ragazzo e un uomo adulto?

«È una storia d’amore romnantico e a tutti piace l’amore romantico. È girata in un posto bello, com’era Camera con vista, e a tutti piace vedere sullo schermo posti belli, con gente giovane e bella che recita».

Mister Ivory, la sua sceneggiat­ura ha già vinto lo scripted Awards University of Southern California e ai Bafta, gli Oscar inglesi. Che effetto le fa essere candidato all’Oscar?

«Oh, è fantastico ricevere la nomination. Qualche volta ci penso, sì. In passato sono stato nominato tre volte come regista. Sono contento, ma penso che questa nomination vada anche all’autore del libro».

Fino allo scorso anno aveva un suo progetto su Venezia: portare sullo schermo il «Carteggio Aspern» di Henry James.

«Sì, ma la scorsa estate questo progetto è stato portato avanti dal giovane regista Jilien Landais, che ha diretto il film a Venezia con Vanessa Redgrave e Jonathan RhysMeyers. Io ho fatto il produttore esecutivo. Ora il film è in post produzione, aspettiamo che esca».

La città le ha ispirato un altro film? Sta lavorando a qualche progetto veneziano ora?

«Sì, ho un altro progetto sulla città, ma non posso parlarne».

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 ??  ?? Successo Una scena di «Call me by your name» di Luca Guadagnino, sceneggiat­o da James Ivory (sotto)
Successo Una scena di «Call me by your name» di Luca Guadagnino, sceneggiat­o da James Ivory (sotto)
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