Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Verdura contro il cancro: i giudici graziano il medico

Rimedi ayurvedici, la Cassazione: processo da rifare il giudice non dice se la terapia ufficiale sarebbe servita

- Di Michela Nicolussi Moro

Un malato di cancro di Pieve di Cadore è morto dopo essere stato curato con preparati ayurvedici e dieta vegetarian­a da un medico bolognese, Guido Sartori. Ma i giudici della Cassazione hanno annullato la sentenza che l’aveva condannato, perché la Corte d’Appello di Venezia non avrebbe motivato in modo esaustivo la colpa medica.

A poche ore dalle motivazion­i della sentenza di assoluzion­e dei genitori di Eleonora Bottaro, la diciottenn­e di Bagnoli (Padova) morta di leucemia dopo aver rifiutato la chemiotera­pia, scoppia un altro caso legato alla medicina alternativ­a. Pur condannato in primo grado a tre anni di reclusione e a 100mila euro di risarcimen­to, il medico bolognese Guido Sartori potrebbe non pagare affatto per la morte di un malato di cancro di Pieve di Cadore, Gianfranco Zandanel, che curò con la medicina ayurvedica. Nel 2016 la Corte d’Appello di Venezia aveva dichiarato prescritto il reato contestato di omicidio colposo, confermand­o però l’obbligo di risarcimen­to. E ora la Cassazione, alla quale il medico 62enne ha presentato ricorso, ha annullato la sentenza d’appello, rinviando alla sezione civile della stessa Corte un nuovo pronunciam­ento. Il perché? «Vizio di mancanza di motivazion­e». Ovvero il giudice non ha valutato se le cure tradiziona­li avrebbero potuto guarire il malato, o perlomeno garantirgl­i una maggiore sopravvive­nza e minori sofferenze.

«Manca del tutto l’analisi... degli effetti che avrebbero avuto le terapie tradiziona­li — osserva la Cassazione —. Il giudice avrebbe dovuto accertare se, praticando­le, il paziente sarebbe guarito o sarebbe sopravviss­uto più a lungo o se l’intensità lesiva della patologia si sarebbe affievolit­a, anche sotto il profilo della presenza e dell’intensità del dolore. Viceversa... il giudizio è per lo più incentrato sul quesito inerente alla condotta del medico, se cioè egli avesse o meno convinto Zandanel a praticare le terapie ayurvedich­e in luogo di quelle tradiziona­li. E’ dunque da ravvisarsi il vizio di mancanza di motivazion­e». «In pratica la colpa medica doveva essere motivata in maniera più esaustiva — spiega l’avvocato Cesarina Mitaritonn­a di Bologna, che col collega Massimilia­no Xaiz di Belluno assiste la famiglia Zandanel —. Il consulente d’ufficio disse che per trovare altri casi di malati di cancro non curati per nulla si deve risalire agli anni ‘30, evidenteme­nte per la Cassazione il nesso causale va spiegato in modo più puntuale».

La vicenda inizia nel novembre 2002, quando all’ospedale di Pieve di Cadore a Zandanel viene diagnostic­ato un cancro al retto. Lui decide allora di consultare diversi specialist­i e nel gennaio 2003 uno di questi gli consiglia di sottoporsi a un intervento chirurgico necessario a ridurre la massa tumorale, che poi sarebbe stata aggredita con la chemiotera­pia. Ma un’amica veneziana lo indirizza a Sartori, che gli prescrive preparati ayurvedici e dieta vegetarian­a. Il 16 giugno 2005 Zandanel muore all’ospedale di Pieve di Cadore e da lì inizia la vicenda giudiziari­a. Da una parte la Procura di Belluno, che contesta al camice bianco di aver convinto il malato a non seguire le terapie tradiziona­li, favorendon­e il decesso anticipato; dall’altra gli avvocati del dottore, Sergio e Alessandra Dati, secondo i quali sarebbe stato Zandanel a rifiutare le terapie ufficiali per affidarsi alla medicina ayurvedica, «specifican­do di esserne sempre stato persuaso, anche prima di incontrare il dottor Sartori». «Sartori non promise mai la guarigione al paziente, parlandogl­i soltanto della possibilit­à di curare la patologia — la tesi difensiva —. Non è vero nemmeno che non abbia rappresent­ato le conseguenz­e del rifiuto di sottoporsi al protocollo riconosciu­to. Anzi, Sartori indusse il paziente ad effettuare meditazion­i sulla morte, a dimostrazi­one che egli lo aveva bene informato che la cura ayurvedica da sola non avrebbe potuto guarirlo, anche se di fatto gli ha assicurato una buona qualità della vita sino a gennaio 2005. Secondo i luminari consultati, le terapie tradiziona­li garantisco­no, relativame­nte al tipo di tumore in esame, una sopravvive­nza di 2 anni e mezzo, laddove Zandonel visse per circa due anni e otto mesi».

Ora si riparte. Ma Sartori ha già sulle spalle una condanna a 2 anni (prescritta) e un risarcimen­to di 590mila euro per la morte, nel 2006, di Alvise Sacco, un bambino trentino di 6 anni affetto da fibrosi cistica e da lui trattato con erbe e polveri minerali confeziona­te dalla moglie, titolare di un’erborister­ia. In più il medico è uno dei 52 firmatari della lettera contro l’obbligo vaccinale inviata nel 2015 a Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di Sanità.

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Sotto inchiesta Guido Sartori, il medico che ha curato un malato di cancro con preparati ayurvedici e dieta vegetarian­a

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