Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Pd, ipotesi commissario ma il partito fa quadrato sul neo segretario Dodi
VENEZIA La sconfitta brucia, il metodo di scelta dei candidati che ha premiato i renziani con maggiori contatti col Nazareno e depresso la voce della base e della federazione provinciale, pure. Ha ragione la segretaria metropolitana (ex, ormai) Gigliola Scattolin che ha denunciato i mali del partito (correnti rissose e paralizzanti, fughe in avanti dei singoli più vicini al cerchio magico renziano, la rete dei circoli ridotta all’insignificanza) ed è comprensibile che sull’onda di una volontà di ricostruire tutto daccapo si sia dimessa lunedì, di fronte al risultato deprimente delle elezioni politiche. Ma Giorgio Dodi, eletto appena tre mesi fa, deve restare per non lasciare un vuoto di potere che apre altre praterie agli avversari politici: il Pd fa quadrato sul segretario veneziano, invitato dall’ex segretaria a dimettersi insieme al presidente dell’assemblea metropolitana Emanuele Rosteghin. «La botta è tale che si prende atto delle dimissioni: le ha date Renzi e quelle della segretaria sono un atto di sensibilità», riflette Pier Paolo Baretta, sottosegretario uscente all’Economia e non rieletto dopo una candidatura in un collegio impossibile (uninominale al Senato Chioggia-Riviera-Rovigo). Avrebbe da dirne sui criteri che hanno deciso a chi andavano i collegi e i posti sicuri, Baretta. E invece guarda avanti. «Acqua passata: adesso pensiamo a come dovrà andare. Ci si propone uno scenario totalmente da ripensare nei contenuti e sul piano organizzativo. Dobbiamo ripartire da quel 20% di elettori, dalla rete di partito asfittica fuori da Venezia e Mestre, rimessa in moto dalle elezioni. Dai contenuti e dalla coalizione, che ha rivelato buone potenzialità e che va consolidata. Anche Liberi e Uguali sarà costretta al ripensamento: cominciamo adesso a ragionare su come rapportarci alle prossime amministrative. Lo schema veneziano era ampio, dal centro alla sinistra». Se la federazione sarà commissariata o scortata dal regionale con un coordinatore un gruppo direttivo lo deciderà l’assemblea. Che deve convocare Rosteghin. «Non ho alcun interesse a restare ma sta a me convocare l’assemblea – allarga le braccia - Bisogna decidere se andare al congresso, agganciandosi al nazionale. O, se i tempi sono lunghi, trovare una soluzione di reggenza in vista delle prossime elezioni. Abbiamo comuni che vanno al voto come Martellago, San Donà, San Stino che sono governati dal centrosinistra e sui quali è da evitare il rinculo del risultato negativo delle politiche». «Vero che alcuni si erano candidati fin da bambini – sorride Sandro Moro – Ma la segretaria dovrebbe accusare Renzi per come sono state gestite le candidature». «O si torna alle preferenze o si risponde
al capo che ti garantisce le posizioni in lista più vantaggiose - sospira Lucio TiozzoIl territorio non conta più niente. Gigliola se n’è accorta adesso». La vicenda ha segnato il partito. «La mia area è stata massacrata alle candidature – ricorda Sandro Simionato, orlandiano – Gigliola ha ragione. Ma perché chiedere le dimissioni di Dodi e non quelle dei segretari del Miranese o del Sandonatese?». La pensano allo stesso modo Monica Sambo, Alessandro Baglioni, Alessandro Maggioni: cosa c’entra Dodi, eletto segretario poche settimane fa, col disastro elettorale del Pd? Deve restare in sella, concordano i presidenti di Municipalità. «Ho trovato affrettate le dimissioni di Scattolin – dice Vincenzo Conte, Mestre centro – Dopotutto abbiamo eletto due deputati e un senatore. E se Dodi si dimettesse, sarebbe un ulteriore imbarazzo per il partito». «Non è colpa di Gigliola il risultato elettorale catastrofico – mette in chiaro Danny Carella, Lido – Capisco la sua reazione. Ma il segretario comunale ha il diritto e il dovere di andare avanti col programma di segreteria». Il problema, semmai, è capire come risintonizzare il pensiero progressista con gli elettori. «Evidente che qualcosa non funziona nel partito ma mi sarebbe piaciuta affrontarla in assemblea, non prendere atto delle dimissioni della segretaria – dice il segretario di Castello Giannandrea Mencini – Oggi mi preoccupa la strategia di ricostruzione del partito e di un centrosinistra, ampio, variegato. Nuovo, visto che la sinistra è sentita come vecchia e fuori dal contesto».
Pier Paolo Baretta Dobbiamo ripartire dal 20 per cento degli elettori e dai contenuti e pensare già alle amministrative
Emanuele Rosteghin Non ho interesse a restare, ma bisogna trovare una soluzione. Ci sono altre elezioni a breve
Lucio Tiozzo O si torna alle preferenze o si risponde al capo. Ma così il territorio non conta più niente