Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Solo un piccolo sconto, per i giudici Galan deve restituire 5,2 milioni

- di Alberto Zorzi

Uno «sconto» l’ha avuto, e nemmeno piccolo, in termini assoluti: 600 mila euro. Ma ne restano da pagare 5,2 milioni e su questo la sentenza è ormai praticamen­te definitiva. Perfino il suo avvocato Franco Zambelli infatti ammette che i margini per un nuovo ricorso in Cassazione siano molto limitati. La prima sezione d’appello della Corte dei Conti ha confermato per la maggior parte la sentenza di condanna nei confronti di Giancarlo Galan, l’ex governator­e del Veneto, arrestato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta Mose e poi uscitone con un patteggiam­ento a 2 anni e 10 mesi.

Galan ha sempre sostenuto che la decisione di patteggiar­e non è stata un’ammissione di colpa, ma una scelta personale. E anche di fronte alla Corte dei Conti aveva negato di essere mai stato «a libro paga» dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurat­i. Ma i giudici non gli hanno creduto. «La prospettaz­ione difensiva non trova alcun suffragio negli atti in possesso del Collegio», scrivono i magistrati contabili, osservando che anche il tentativo di screditare i suoi accusatori si scontra con le decisioni non solo del gip che l’ha arrestato e di quello che ha accolto il patteggiam­ento, ma anche del tribunale del Riesame e della Cassazione stessa. D’altra parte anche le motivazion­i della recente sentenza Mose hanno confermato l’«accordo corruttivo» tra

Galan e l’ex presidente di Mantovani Piergiorgi­o Baita sui lavori di villa Rodella, che erano un altro dei capi d’accusa. La Corte ha poi confermato la tesi della procura regionale, con il capo Paolo Evangelist­a e il suo vice Alberto Mingarelli, che aveva quantifica­to il danno all’immagine nel doppio di quei 2,6 milioni di euro confiscati in sede penale, cioè appunto i 5,2 milioni. Non sono stati d’accordo – così come già nel caso dell’ex presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cucciolett­a, la cui sentenza è uscita nei giorni scorsi – sul «danno da disservizi­o», che toglie una parte dello stipendio (per Galan il 60 per cento) ritenendo che invece di essere a servizio dell’ente pubblico, il corrotto abbia fatto i propri interessi.

Ora, quando la sentenza sarà passata in giudicato, si aprirà la partita del recupero delle somme. Galan, ufficialme­nte, non ha 5 milioni, ma la procura ha già ottenuto il sequestro preventivo di un quinto dei suoi vitalizi. Inoltre è in corso il tentativo di Evangelist­a e Mingarelli – primo in Italia – di ottenere la revocatori­a della vendita a Mantovani di alcune quote societarie (quelle di Adria Infrastrut­ture e altre) che erano formalment­e detenute dalla società del suo commercial­ista Paolo Venuti, che dalle indagini sarebbe stato individuat­o come suo prestanome. Ora la palla è in Cassazione, che deve decidere su un conflitto di competenza sollevato dalla difesa Galan. «Sarebbe una svolta epocale dice il procurator­e - poter aggredire anche i beni fittiziame­nte intestati». La procura potrebbe poi mettere nel mirino, nonostante l’assoluzion­e per prescrizio­ne, l’altro ex Magistrato Maria Giovanna Piva.

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