Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Aveva paura di essere licenziato»
Delitto di Mira, carabinieri al lavoro sul movente. I colleghi: era disponibile con tutti
VENEZIA Rimproveri e battute di scherno. Ma soprattutto il timore di non riuscire a superare il periodo di prova in quell’azienda di subappalto di Fincantieri, dove lavorava fianco a fianco dell’esperto operaio tubista Gheorghe Suta, che lo aveva anche ospitato nella sua casa di Mira. Sarebbero questi i motivi per cui Georgian Ionut Bejenaru, alle 5 di mattina di venerdì, avrebbe colpito con un coltello alla gola il connazionale. I colleghi: «Suta era sempre disponibile con tutti».
MIRA Georgian Ionut Bejenaru temeva di essere «licenziato». Era in prova da qualche settimana, ma il suo superiore, Gheorghe Suta, gli aveva fatto capire che non sarebbe stato confermato. Sarebbe stato questo a scatenare in lui l’esplosione di rabbia che alle 5 di mattina di venerdì lo ha portato ad afferrare un coltello e a uccidere il suo capo. Un timore che si è aggiunto a un’insofferenza maturata per l’atteggiamento troppo autoritario di Suta, con cui condivideva lo stesso appartamento in via Mare Mediterraneo a Mira e addirittura, per ora, lo stesso letto. Proprio qui Bejenaru, 28 anni, ha tagliato la gola a Suta, 37, con un solo colpo mentre dormiva, come ha confermato ieri l’autopsia eseguita dal medico legale Cristina Mazzarolo su incarico del pm di turno Giorgio Gava, titolare del fascicolo.
Un omicidio a freddo, al culmine di una situazione che non riusciva più a digerire sia al lavoro che tra le mura domestiche. Entrambi operai dipendenti di una ditta in subappalto per Fincantieri, la vittima era un esperto tubista, l’assassino un apprendista. Lavoravano in coppia. Suta era arrivato in Italia un paio d’anni fa insieme alla moglie e al figlio di quattro anni (poi tornati in Romania) e ospitava il suo assassino da una ventina di giorni. «Sappiamo poco», ha detto ieri la compagna, che ha ricordato il marito con alcune foto su Facebook. «Sembra un bruttissimo sogno», dice invece un collega di lavoro. «Era un uomo pieno di gioia e disponibile con tutti», lo ricorda un collega.
Con Suta e l’assassino viveva anche il cognato di Bejenaru, che ha aiutato i carabinieri nella ricostruzione del delitto. Nel momento in cui l’omicida ha preso un grosso coltello da cucina e ha sgozzato Suta, lui stava dormendo in un’altra stanza. Quando ha sentito il trambusto è interve- nuto e ha trovato l’omicida ancora vicino alla vittima, che era in un lago di sangue. Avrebbe potuto colpirla ancora, se lui non l’avesse disarmato e non avesse lanciato la lama sul terrazzino.
Subito dopo, non parlando italiano, ha chiamato un connazionale che ha telefonato ai soccorsi e ha atteso l’arrivo dei carabinieri in cortile insieme a Bejenaru. Una volta in caserma ha raccontato di una situazione difficile, di un rapporto molto teso tra la vittima e l’assassino. «Aveva un modo di fare autoritario – ha spiegato agli investigatori - Lui era il padrone di casa e si lamentava anche quando Bejenaru chiudeva la porta troppo forte. Lo rimproverava sempre, anche al lavoro». In azienda secondo l’assassino, che ha reso delle dichiarazioni spontanee ai carabinieri ma di fronte al pm Gava è rimasto in silenzio, era anche peggio. Suta «prendeva in giro Bejenaru», ha confermato il testimone. Alle critiche e ai rimproveri – secondo il coinquilino – si sarebbero aggiunte alcune umiliazioni. Parole come «sei un buono a nulla» o «incapace», che Suta avrebbe rivolto alcune volte all’omicida, anche in presenza di colleghi che avrebbero partecipato agli scherni.
I carabinieri ieri hanno cominciato a sentire alcuni dei colleghi proprio per fare chiarezza su questo aspetto e definire al meglio il movente del delitto che, proprio perché consumato a freddo, potrebbe essere stato premeditato. Per gli investigatori è ancora presto, però, per parlare di contestazioni di questo tipo, anche se tra i due non c’erano state liti violente e Bejenaru non aveva mai minacciato Suta. A chiarirlo potrebbe essere lo stesso omicida che domani mattina comparirà davanti al gip Massimo Vicinanza per l’udienza di convalida dell’arresto, affiancato dai suoi avvocati Marianna de’ Giudici e Claudia De Martin.