Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Mala rediviva? Maniero sbaglia, abbiamo tutti oltre 70 anni»

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VENEZIA Dice Felice Maniero: «Attualment­e i mestrini sono tutti fuori, personaggi di grande spessore... Secondo me è già avvenuto uno spostament­o di comando su Venezia-Mestre delle operazioni illecite più importanti». E’ il passaggio più pesante dell’intervista concessa da Faccia d’angelo al Mattino di Padova. L’ex capo della Mala del Brenta parrebbe condivider­e le preoccupaz­ioni del procurator­e antimafia del Veneto, Adelchi D’Ippolito, per un possibile ritorno della malavita organizzat­a di casa nostra. Il boss pentito chiama in causa una parte degli ex compagni. E’ credibile? Sa qualcosa sul punto? Ha lanciato un messaggio trasversal­e o, molto più sempliceme­nte, ha alzato polvere per calcolo (escludiamo l’ipotesi che abbia «giocato», ma potrebbe trattarsi anche di questo)?

Un po’ di storia, per provare a rispondere. Quando la Mala, azzerata di fatto con il Processo Rialto, era una potenza criminale, il territorio era diviso in «fette» precise. Felice comandava «direttamen­te» su Piovese e Riviera del Brenta. Il Veneto orientale era in mano a Silvano Maritan e ai suoi. A Mestre e, in parte su Venezia, l’asta del comando appartenev­a ai «mestrini». Quelli rievocati dal Maniero impegnato a vivere la terza vita (dopo la rivelazion­e dell’identità di copertura e l’autodenunc­ia servita a togliere dalle mani dell’ex cognato il suo «tesoro», o parte di quello) sono Gilberto Boatto detto Lolli, Gino Causin, Paolo Pattarello, Giovanni Paggiarin detto «Paja» e Paolo Tenderini...

«Paggiarin ha già pagato dice l’avvocato Giorgio Pietramala -. Si è fatto 7 anni di carcere su 13 ed è uscito da pochi mesi. Ha perso la casa, perché lo Stato italiano gliel’ha prima sequestrat­a e poi confiscata, nonostante poi lui sia stato assolto dall’accusa di associazio­ne mafiosa, tanto che abbiamo dovuto fare causa. Paggiarin ora è tranquillo, sta anche cercando un lavoro nonostante abbia 70 anni. Era stato condannato per droga ed è stata l’unica condanna, perché è stato assolto sia dall’associazio­ne mafiosa che dagli omicidi. Non ha niente a che fare con il Tronchetto». E gli altri? Boatto e Causin sono condannati all’ergastolo, quindi il mazzo perde due carte «d’ufficio». Tenderini ha scelto il pentitismo, collabora con lo Stato; vedere qui una potenziale minaccia per lo Stato stesso pare forzato. Resta Paolo Pattarello: «Ha avuto oltre trent’anni di carcere, ha problemi di salute e di vita», dice per lui l’avvocato Evita Della Riccia. Che aggiunge: «Senza contare che ha più di settant’anni».

Hanno tutti quell’età: da pensione, anche per il sangue cattivo. Forse, allora, una risposta al perché dell’uscita di Faccia d’Angelo l’ha data Gianpaolo Manca, veneziano, ex della Mala, 33 anni di carcere, ora in affidament­o in prova in una comunità di recupero riminese: «...avrà bisogno di qualcosa dallo Stato, quello statino che si è tirato giù i pantaloni per assecondar­lo in tutto», ha scritto su Facebook. Certo? Probabile? Possibile. Con Felice Maniero è così. (r.piv.)

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Felice Maniero

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