Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Raddoppio del Garage San Marco bocciatura bis, nuova battaglia al Tar
La Soprintendenza contro l’ampliamento di 500 posti. L’avvocato: pregiudizio
VENEZIA Via libera al raddoppio del Garage San Marco, si era detto il 23 febbraio 2017, dopo la sentenza del Tar che accoglieva il ricorso della proprietà contro la bocciatura del progetto da parte della Soprintendenza di Venezia. Ma è passato oltre un anno e ancora di ruspe non se n’è vista nemmeno mezza. Perché da un lato la Soprintendenza ha fatto appello al Consiglio di Stato contro la sentenza (ma l’udienza non è ancora stata fissata), dall’altro, chiamata a esprimersi nuovamente sulla questione, ha ribadito il «no» a quell’ampliamento che porterebbe 500 posti auto in più nello storico garage di piazzale Roma. E così la proprietà, con l’avvocato Alfredo Bianchini, è tornata alla carica con un nuovo doppio ricorso: da un lato contro il provvedimento del 3 agosto scorso, dall’altro per chiedere ai giudici la cosiddetta «ottemperanza», cioè di imporre il rispetto della propria sentenza.
Un anno fa, infatti, i giudici avevano ritenuto illegittimo, per «difetto di motivazione», il diniego, basato sull’eccessiva vicinanza del nuovo manufatto con il cosiddetto «cisternone» dell’acquedotto veneziano, realizzato nel 1884 e vincolato e sul rischio di danneggiarlo. Il Tar aveva scritto che la Soprintendenza non aveva valutato la nota con cui lo studio di ingegneria Milan aveva del tutto escluso qualsiasi interferenza. A richiesta di un nuovo esame, però, gli uffici il 5 luglio scorso avevano di nuovo detto no. Il Garage San Marco aveva replicato con nuove relazioni ingegneristiche e geotecniche, ma la Soprintendenza era stata irremovibile. Ad agosto aveva infatti scritto che l’ampliamento avrebbe sovrastato il cisternone «se non fisicamente certo visivamente» e che «non è possibile escludere con sicurezza abbassamenti del terreno di alcuni millimetri sotto il peso della nuova autorimessa». «Si invita a studiare una soluzione di minor impatto architettonico e strutturale sulle pre-esistenze tutelate», concludeva la nota, facendo riferimento agli otto piani fuori terra del progetto.
«L’amministrazione, sulla base di un pre-giudizio, ripudia la sentenza del Tar - ha scritto nel ricorso l’avvocato Bianchini - La Soprintendenza avrebbe dovuto ripartire riconvocando lo studio Milan e invece nulla di nulla! Silenzio totale!». Il legale ricorda che i 500 posti hanno anche una funzione pubblica: 100 per il vicino tribunale e 100 per Veritas, mentre gli altri 300 vanno a compensare quelli persi nei decenni per l’aumento delle dimensioni delle auto. La difesa censura anche l’ipotesi di rivedere il progetto, «dopo un iter di ben otto anni». Quanto al cisternone, si sottolinea che in realtà il manufatto è da decenni coperto dall’erba – «una montagnola dall’impatto visivo tutt’altro che esaltante» – mentre l’area da edificare è «un grigissimo e anonimo triangolo asfaltato, utilizzato dai veicoli di Veritas».
La proprietà e l’avvocato Bianchini, oltre allo scontro giudiziario, vogliono cercare di trovare la quadratura del cerchio e chiederanno la convocazione di una conferenza di servizi con tutti gli enti: per sbloccare un progetto fermo, di fatto, da otto anni.