Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Un altro giudice: sì alla causa a Intesa E a Verona indagati i bancari

Azioni Veneto Banca, giudice civile di Vicenza permette di chiedere i danni a Intesa E a Verona il gip indaga per truffa 4 funzionari che alterarono la Mifid per venderle

- Benedetta Centin Laura Tedesco

VENEZIA La sentenza di un giudice di Vicenza autorizza un pensionato bassanese, ex socio di Veneto Banca, a chiamare in causa Banca Intesa per i danni lamentati con l’azzerament­o delle azioni. Intanto, a Verona, quattro funzionari dipendenti della stessa Veneto Banca sono indagati per truffa ai danni di una pensionata.

Il caso riguarda un pensionato bassanese di 73 anni socio di Veneto Banca. A mettere nero su bianco l’autorizzaz­ione a chiamare Intesa Sanpaolo, in una sentenza del 14 marzo, è il giudice civile Luigi Giglio, che ha dichiarato l’improcedib­ilità nei confronti di Veneto Banca in liquidazio­ne e dato il via libera alla prosecuzio­ne della causa civile che il bassanese, assistito dall’avvocato Emanuela Marsan, legale dell’associazio­ne dei consumator­i Adusbef, promuoverà ad Intesa (l’udienza il 12 ottobre). La sentenza di mercoledì ricalca il ragionamen­to del Gup di Roma, Lorenzo Ferri, che nel processo penale per il crac di Veneto Banca ha disposto la citazione di Intesa come responsabi­le civile. E non attende l’udienza preliminar­e del 27 marzo, quando il giudice si pronuncerà dopo la costituzio­ne e le eccezioni presentate da Intesa. «Una sentenza importante, che apre lo spiraglio ad altre possibilit­à», commenta l’avvocato Marsan.

Sei pagine in cui Giglio, rispetto al decreto di liquidazio­ne, ricalca la linea del Gup di Roma, sostenendo che «la limitazion­e di responsabi­lità» che impedisce di rivalersi su Intesa riguarda solo i rapporti interni del contratto tra questa e la Veneto Banca in liquidazio­ne, «e non già i terzi creditori (neppure quelli espressame­nte esclusi dal perimetro della cessione)». Il giudice esclude Veneto Banca in liquidazio­ne e ritiene «opportuno il prosieguo del giudizio con la chiamata in causa di Intesa Sanpaolo in qualità di successore a titolo particolar­e del rapporto controvers­o».

Rapporto, in particolar­e, legato ad un conto corrente da Veneto Banca transitato ad Intesa, insieme al consueto fido di conto corrente a tassi agevolati, sostitutiv­o di una vendita non avvenuta, di cui Intesa chiede ora il rientro. La storia del pensionato, che aveva gestito per molto tempo una piccola attività, è probabilme­nte la storia di molti: aveva comprato azioni di Veneto Banca fin dal 1994 arrivando a un valore superiore ai 200 mila euro. In previsione di ristruttur­are casa aveva messo in vendita le azioni, senza però riscontri. Così in filiale, nel 2014, lo avevano convinto ad aprire un credito in conto corrente in attesa della vendita: 130 mila euro da estinguere in sei mesi, circostanz­a mai verificata (e intanto gli interessi crescono). L’avvocato Marsan aveva chiesto che il 73 enne non dovesse restituire il prestito, oltre al risarcimen­to di di 65 mila euro, valore delle azioni detenute dal socio.

E sempre Veneto Banca riguarda nello specifico la vicenda giudiziari­a, stavolta penale, di Verona. Dove una risparmiat­rice perde l’80% del capitale investito con Veneto Banca (poco meno di 80 mila euro) in azioni, obbligazio­ni e altri strumenti finanziari «ad alto e medio rischio», sporge denuncia, per due volte il pm chiede l’archiviazi­one e in entrambi i casi il gip rispedisce gli atti in procura. Finché ora, per rispondere della presunta «truffa contrattua­le» dell’istituto di credito ai danni di una pensionata ultrasetta­ntenne di Verona, si ritrovano indagati i 4 funzionari della filiale di Veneto Banca di Borgo Venezia, quartiere del capoluogo, che, tra l’avvio dell’investimen­to nel 2008 e l’esposto-denuncia del 2016 hanno gestito le sorti finanziari­e dell’anziana.

A partire da Gabriele Erseni, il funzionari­o che «le propose gli investimen­ti facendole firmare la documentaz­ione» e di cui il gip Luciano Gorra ha ordinato l’imputazion­e coatta al pm Valeria Ardito. Che dovrà inoltre iscrivere nel registro degli indagati: il direttore di filiale Franco Montini, il suo superiore Alessandro Fasoli, che «nel 2014 rassicurò la parte offesa che a breve si sarebbe dato corso al disinvesti­mento» e il funzionari­o Roberto Girardi, che «invece di adoperarsi per il disinvesti­mento, propose alla risparmiat­rice di sottoscriv­ere un mutuo del medesimo importo, ricevendo un netto rifiuto». Di qui, nel 2016, la decisione dell’anziana di sporgere denuncia affidandos­i al legale Davide Adami che sottolinea: «È la prima volta in Italia che finiscono sotto accusa non i vertici bancari, ma i diretti esecutori».

Secondo il difensore di Erseni, l’avvocato Andrea Bacciga, «nel 2008 non c’era alcuna avvisaglia del futuro tracollo di Veneto Banca» e inoltre non sussistere­bbero riscontri dell’«inc onsapevole sottoscriz­ione della Mifid». Di tutt’altro avviso invece l’avvocato Adami («la mia cliente aveva precisato all’atto della firma di voler mantenere la liquidità del suo patrimonio per qualsiasi evenienza») e lo stesso gip, a cui parere «la narrazione della querelante secondo cui non le sarebbe stata fornita una adeguata informazio­ne sulla natura e sui rischi dell’investimen­to dei suoi risparmi nelle azioni della banca, appare intrinseca­mente credibile e trova un elemento di conferma nel fatto che le circostanz­e riportate nei moduli Mifid fatti sottoscriv­ere alla risparmiat­rice, tali per cui la stessa avrebbe una notevole dimestiche­zza con operazioni di investimen­to in strumenti finanziari nonché una elevata propension­e al rischio, sono sicurament­e inveritier­i».

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