Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Su Ape, moto o Airstream Se il cibo di strada è un’arte
Viaggio del gusto tra i moderni carretti che offrono pizza, fritti, ma anche cene su misura
Bastano quattro pneumatici e un generatore e il ristorante comincia a macinare chilometri. A sorreggerlo a volte le ruote sono solo tre. Ma c’è anche lo chef impavido che ce la fa con due.
C’è un esemplare vicentino da 14 quintali fatto a mano, unico in Italia, che ogni giorno offre cioccolata calda, torte, chips e crackers crudisti. Ce n’è un altro veneziano da sette metri per tre, ricavato da un Airstream globetrotter luccicante, capace di sfornare oltre 700 mozzarelle in carrozza in una sola giornata di lavoro. Un altro ancora, napoletano, è un ape Piaggio attrezzato che dispensa aperitivi espressi sui sagrati delle chiese. Poi c’è la pizzeria partenopea che su quell’ape ci ha caricato un vero e proprio forno a legna, con tanto di brevetto del ministero. Ma c’è anche l’inventore cremasco che scotta hot dog in sella a una bicicletta, approfittando di griglie e celle frigorifere arroccate al telaio.
Si chiamano osterie viaggianti. O food truck, per dirla all’americana. Sembrano essere nate proprio lì, nella west coast degli Stati Uniti, per poi contagiare anche la finger food economy d’oltreoceano. Ma non sono nient’altro che la rivisitazione delle nostre vecchie cucine ambulanti: carretti, lapini e cicchetterie itineranti, carichi di prelibatezze, facevano su e giù per le piazze italiane già in epoca risorgimentale. Certo è che ora, incalzati dalla moda a stelle e strisce, stanno ritornando in auge lungo tutto lo stivale. Sarà che la ripresa economica viaggia anche nelle tasche dei cuochi capaci di reinventarsi, fatto sta che l’esiguo investimento iniziale, la flessibilità degli orari, l’eliminazione delle spese fisse e il minore rischio economico delle osterie viaggianti hanno risolto i problemi di molti ristoratori in crisi. E da un tentativo di sopravvivenza nel mercato a una nuova moda culinaria il passo è breve. Adesso il truk è diventato fonte di alta cucina, sopra al quale hanno messo gli occhi anche i grandi chef. Ape car, cargo bike, roulotte e furgoncini vintage dotati di cucina si sono raffinati nell’aspetto, specializzati nel gourmet e lanciati nel marketing social.
In tutto questo, Erica Masiero è la prima chef crudista a provarci per davvero. Non usa il fuoco e non porta a ebollizione gli alimenti perché, da brava crudista, vuole conservare tutte le proprietà originali delle materie prime. Ma la sua cucina viaggiante home made da 14 quintali, sulla quale ha investito 40 mila euro e un’infinità di tempo, è comunque dotata di frigo, essiccatore, acqua calda e fredda e tutti gli elettrodomestici necessari per fare di quel carretto artigianale il più attrezzato alla realizzazione dei suoi cavalli di battaglia: formine, chips e crackers fatti di verdure e semi, dolci e cioccolate vegan. «I miei cibi mantengono enzimi, vitamine, minerali. E da Tirissino (Vicenza) - spiega la 46enne - vado in giro con la mia cucina nel tentativo di soddisfare anche i palati più esigenti degli onnivori». Niente cereali, né legumi. Germogliazione, fermentazione, germinazione ed essicazione i suoi imperativi in cucina. Verdura, frutta e semi la sua materia prima. Le formine di Erica a base di anacardi (sostitute del formaggio) sono il piatto che l’ha resa celebre. Niente nel suo laboratorio ambulante può superare i 40 gradi. «Con queste tecniche di cucina - spiega la salutista - gli alimenti assumono diverse consistenze». Prima Erica era onnivora, cagionevole e responsabile amministrativa di un’impresa edile. «Per guarire da asma, anemia cronica e allergie ho stravolto il mio regime alimentare e ho risolto quasi totalmente. Per questo ho cambiato anche il mio lavoro e ci tengo a proporre le mie pietanze a un pubblico vasto, di città in città. Non solo alla nicchia di vegani e crudisti». Dall’avvio della sua attività su ruote, l’estate scorsa, oggi Erica consegna a domicilio, partecipa alle bancarelle enogastronomiche, fa dimostrazioni culinarie nelle fattorie didattiche e attività di catering per committenti sempre nuovi.
Fanno lo stesso, ma con la cucina tradizionale mestrina, anche i veneziani Giovanna Simionato e Renato Pasqualato. Due «Chef in viaggio», di nome e di fatto. Hanno chiamato così la loro osteria ambulante. Lui ristoratore creativo, lei manager sommelier. Loro, innamorati da trent’anni, di locali ne avevano tre. E andavano pure bene. «Ma era complicato avere una nostra vita. Il ristorante - lo definisce lui - era diventato una gabbia dorata senza orari». Allora hanno tirato a lucido uno storico Airstream globetrotter americano argentato del 1962. «Era un rudere - raccontano - e l’abbiamo fatto restaurare rendendolo autonomo con un
Erica Masiero (crudista)
I miei cibi mantengono enzimi, vitamine, minerali. E da Tirissino (Vicenza) vado in giro con la mia cucina nel tentativo di soddisfare anche i palati più esigenti degli onnivori. Con queste tecniche di cucina innovative, gli alimenti assumono diverse consistenze
generatore. Ci abbiamo fatto installare piastre, friggitrici, frigorifero, acqua calda e fredda. Ora è più funzionale delle cucine dei miei vecchi ristoranti». Ora sono in grado di scorrazzare le eccellenze culinarie veneziane per tutta la regione: panini al musetto con pane di loro produzione, gnocchi al ragù, zuppe fresche, polpette in umido, focacce e soprattutto mozzarelle in carrozza con bufala e sarda, fritte al momento. Al Festival di Castelfranco sono riusciti a cucinarne più di 2mila in soli tre giorni. Ma i due, con la loro roulotte, si occupano anche di colazioni aziendali e pasti espressi per feste in casa o all’aperto. Sono in grado di soddisfare anche i clienti più capricciosi: «Una volta - confessa Renato ridendo - per l’apertura di una prestigiosa boutique ci hanno richiesto monoporzioni che non dovevano sporcare le mani o sbavare il rossetto». Ora i due possono permettersi di dire anche qualche no, «per recuperare tempo per noi - spiegano -. Prima avevamo 15 dipendenti sotto la nostra responsabilità, ora meno costi e le scelte ricadono solo su noi due».
Attorno all’Ape Piaggio che fa aperitivi, invece, il napoletano Vincenzo Russo ci sta costruendo un impero, con decine di dipendenti al seguito. Dopo le esperienze nei ristoranti stellati, cinque anni fa ha deciso di approdare sui sagrati delle chiese con il tre ruote, per arricchire i matrimoni di un primo brindisi con buffet dopo il sì. Il suo Ape-ritivo è un successo senza precedenti. L’esperienza del bar itinerante si arricchisce con happy hour negli scorci più suggestivi della Campania, feste in spiaggia, in villa, per strada. Adesso si muove con il suo team per tutta la penisola. «Abbiamo reinventato i vecchi carretti che vendevano prelibatezze a Napoli - spiega lo chef -, così è nato anche il light catering nei sagrati delle chiese. Nessuno aveva ancora pensato a un servizio culinario da proporre subito dopo la funzione». Il suo piatto forte è il baccalà fritto, «ma siamo specializzati anche in trippa, stoccafisso. Ci siamo inventati pure le rosette di pane farcite, ispirate alle scatole di rose che vanno tanto in voga adesso a New York».
A Napoli c’è anche chi ha ottenuto il brevetto ministeriale di «mezzo di trasporto a tre ruote dotato di forno a legna tradizionale»: Giovanni Khan lo aspettava dal 2012. Con il suo forno in materiale refrattario e piano biscotto di Sorrento, adagiato su Ape car «Johnny takeuè», il pizzaiolo gira per la sua città vendendo pizze «al portafoglio» espresse, piegate in quattro e servite in carta paglia. Pizza con pomodoro giallo il suo asso. E poi c’è l’osteria di Treviso di Umberto Cappellotto diventata on the road, una vecchia attività resuscitata grazie a un furgoncino su misura, con i decori tipici delle osterie venete: ha messo su strada vini di qualità e piatti della tradizione, ma soprattutto la sua inconfondibile lingua al vapore con pane e salsa verde. Ci sono anche Damiano e Biancamaria con la loro Traiettorie, una casetta di legno arancio e gialla su ruote che propone piatti tipici parmensi, anche a domicilio. E poi Calamaro on the road, itinerante per le strade di Torino, dal piatto forte facilmente intuibile.
Giovanna Simionato e Renato Pasqualato
Il ristorante era diventato la nostra gabbia dorata. Con questa soluzione di chef in viaggio abbiamo recuperato tempo per noi e per la coppia. Prima avevamo quindici dipendenti sotto la nostra responsabilità, ora meno costi e le scelte ricadono solo su noi due