Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La favola di Maura, con i social ritrova la famiglia del suo donatore
SCHIO (VICENZA) C’è Maura, vicentina che da quasi vent’anni vive grazie a un pancreas e un rene donati. E c’era Salvatore, un poliziotto milanese. Anzi, c’è ancora. Perché Maura lo porta con sé e ringrazia ogni giorno l’uomo cui deve la vita.
Due mesi fa Maura Fontana, impiegata di Schio, ha lanciato un appello sui social: sapeva solo che la donazione era avvenuta a Pavia. In un modo che ha dell’incredibile, un po’ alla volta l’eco del suo ringraziamento è arrivato fino a Lidia, la moglie di Salvatore, e ai figli Daniel e Muriel. E domenica, Maura e la famiglia dell’uomo che le ha donato gli organi, si sono incontrati. «A volte il dolore trasforma in modo crudele, cattivo. Questa famiglia che ho incontrato è invece bellissima. Persone straordinarie». Maura, che oggi ha sessant’anni, ieri ha scritto di nuovo dopo la «festa» a Pavia, ringraziando il suo «caro Giò».
Ha inizio nel 1999, questo intreccio di storie: quella di Maura e quella della famiglia di Salvatore Traina, agente in forze alla questura di Pavia. È il 7 gennaio quando Salvatore, rientrando dal lavoro, rimane vittima di un incidente stradale. Travolta dal lutto, con due figli minorenni, Lidia trova la forza di acconsentire alla donazione degli organi del marito. Due giorni dopo, il gesto salva la vita di Maura: «Da quando ero bambina, per una rara malattia autoimmune, il mio corpo stava degenerando. Ero in attesa di una donazione di pancreas e rene, stavo morendo».
E se anche la malattia non si è fermata - costringerà la donna su una sedia a rotelle per Maura quel trapianto segna l’inizio di una seconda vita. E 19 anni dopo, la scledense ha lanciato il suo appello: «Da allora per me sei Giò, il mio Giò, la mia vita. Magari i tuoi familiari non leggeranno mai questo post, ma io voglio scriverlo ugualmente. Grazie di quello che hai e che avete fatto a nome di tutti quelli che come me camminano su un filo di seta per rimanere attaccati alla vita». Invece il filo di seta si è allungato fino a raggiungere la famiglia di Salvatore. Così a Maura, qualche settimana fa, arriva una mail: «Mi chiamo Muriel e ho 34 anni». È la figlia di Salvatore. Spiega che il gesto della vicentina la rende «orgogliosa e felice di essere la figlia del suo Giò, che in realtà si chiama Salvatore». È l’inizio di uno scambio epistolare, culminato con l’incontro di domenica. «Ho avuto una strana sensazione – si commuove la scledense – mi sono sentita a casa».