Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ex Popolari, Intesa paga 79 milioni ai fornitori

Accordo tra banca e liquidazio­ni con la due diligence sulle fatture rimaste insolute per la liquidazio­ne Un milione a cda e sindaci. Saldato anche il conto delle parcelle di studi legali e società di consulenza

- Federico Nicoletti

VENEZIA Dalle bollette dei rifiuti della Contarina a quelle della luce dell’Enel, dalle spese per le auto di servizio in leasing della Arval a quelle informatic­he di Sec Servizi. Fino alle parcelle della lunga fila di studi legali e di consulenza, Intesa paga 79 milioni di euro di fatture ai fornitori delle ex Popolari.

VENEZIA Ex popolari, Intesa paga 79 milioni di euro di fatture ai fornitori. Dalle bollette dei rifiuti della Contarina a quelle della luce dell’Enel, dalle spese per le auto di servizio in leasing della Arval a quelle informatic­he di Sec Servizi. Fino alle parcelle della lunga fila di studi legali e di consulenza che si sono affiancati alle due banche, da Orrick a Chiomenti, a Boston Consulting. Fino all’agenzia di viaggi, al bar sotto la sede e alla stamperia dietro casa. Ma anche al milione di euro di compensi rimasto da pagare ai due consigli d’amministra­zione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca al momento della liquidazio­ne.

Il lungo elenco di fatture rimaste da pagare il 25 giugno, oltre 40 pagine doppie fitte di tabelle, forma l’allegato 3.7.1, da cui emerge uno degli elementi di maggior rilievo dell’«Atto ripetitivo dell’atto ricognitiv­o del contratto di cessione», firmato il 17 gennaio 2018. Documento firmato davanti al notaio Carlo Marchetti di Milano, con cui tre dei sei commissari liquidator­i di Bpvi e Veneto Banca (Giuliana Scognamigl­io, Claudio Ferrario e Fabrizio Viola che vale doppio, essendo presente in entrambe le terne delle due banche) firmano con i rappresent­anti di Intesa Sanpaolo, a valle della due diligence che a fine 2017 ne ha precisato definitiva­mente il perimetro, la consistenz­a definitiva del cosiddetto «Insieme aggregato», ovvero la parte «buona» delle due banche venete che Intesa aveva preso con il contratto di cessione del 26 giugno 2017, a valle della liquidazio­ne. Ma l’accordo precisa meglio anche i rapporti e i problemi tra le due parti, apertisi o ancora da risolvere rispetto al contratto firmato nei giorni frenetici della liquidazio­ne.

A partire dai «debiti nei confronti di fornitori, consulenti e cessati componenti degli organi sociali». Debiti rilevanti maturati fino al 25 giugno 2017, per un totale di 79,1 milioni di euro, stando ai conti di riepilogo dei quattro blocchi di tabelle che compongono l’allegato 3.7.1, rimasti in capo alle liquidazio­ni. Ma che le due Lca e Intesa «concordano di includere nell’Insieme aggregato, quali Passività incluse». E in sostanza di accollare ad Intesa, visto che le parti, si legge nel documento, «ritengono che i fornitori e i consulenti specificam­ente elencati abbiano contribuit­o ciascuno con l’attività e i servizi effettivam­ente e utilmente prestati alla continuità e al funzioname­nto delle due aziende bancarie». Secondo uno schema, da quel che si capisce, già presente al momento della liquidazio­ne, probabilme­nte per rendere meno traumatica la fine delle due ex popolari venete, che i commissari si sono trovati ad ereditare, e che è stato riconferma­to a gennaio.

Un lungo elenco che si apre con i debiti per i compensi rimasti da pagare per i due consigli di amministra­zione e collegi sindacali, 561 mila euro nel caso di Popolare di Vicenza e 453 mila in quello di Veneto Banca. Si va dai 118 mila euro del presidente di Bpvi Gianni Mion ai 48 mila dell’Ad Fabrizio Viola, dai 59 mila euro della presidente del collegio sindacale Rosalba Casiraghi ai 28 mila euro da consiglier­e dell’ex rettore di Ca’ Foscari ed attuale direttore scientific­o di Fondazione Nordest, Carlo Carraro. A Montebellu­na si va dai 53 mila euro di arretrati del vicepresid­ente Maurizio Lauri ai 73 mila del presidente del collegio sindacale, Marcello Condemi, fino ai 160 mila euro dei cedolini amministra­tori, ovvero della parte rimasta da pagare dei consiglier­i il cui compenso non arrivava dietro la presentazi­one di fatture.

Il saldo ha allineato i compensi ricevuti dai vari componenti di cda e collegi sindacali. «Erano i compensi del mese di maggio e della prima parte di giugno rimasti da pagare, e tra l’altro ancora non pagati del tutto - spiega l’ex vicepresid­ente Lauri -. Tutti siamo stati messi nella stessa posizione, tra chi veniva pagato con un cedolino mensile e chi invece quando presentava fattura. E che non aveva chiesto i soldi, concentrat­i com’eravamo a cercare di portar a casa la ricapitali­zzazione precauzion­ale. Ma mi creda, lì nessuno l’ha fatto per i soldi».

Al fianco degli amministra­tori sta poi il lungo elenco di fornitori. L’aspetto più immediato e rilevante riguarda gli studi legali e di consulenza che hanno affiancato le due banche negli ultimi mesi, soprattutt­o nel periodo di studio della fusione tra Bpvi e Veneto Banca, che avrebbe dovuto rappresent­are la via di salvataggi­o delle due venete e che è invece naufragato a giugno, con il no di Bce e Unione europea. Così, secondo i primi conteggi approssima­tivi, tra le fatture da saldare ci sono arretrati per 1,4 milioni di euro allo studio Chiomenti, per 708 mila euro allo studio Orrick, consulente che aveva affiancato fin dall’inizio della vicenda delle venete Quaestio Capital, gestore del fondo Atlante (che tra l’altro ha fatture per undicimila euro tra quelle riconosciu­te). E ancora, 731 mila euro sono riconosciu­ti a Boston Consulting, che aveva studiato il piano di fusione Bpvi-Veneto Banca, 727 mila euro a Deloitte e 550 mila a Ernest & Young. Tra le societa di revisione, 646 mila euro sono riconosciu­ti a Pwc e 146 mila a Kpmg.

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