Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Minigonne e stalking, chiesto il processo per Nalin
Chiesto il rinvio a giudizio per il padovano. L’accusa: stalking e lesioni
ROVIGO Il padovano Davide Nalin, pm in servizio alla Procura di Rovigo fino allo scorso dicembre e poi sospeso dal Csm, rischia il processo. I colleghi di Piacenza hanno chiesto il rinvio a giudizio per lui e per Francesco Bellomo, destituito dal Consiglio di Stato, per stalking e lesioni personali, nell’ambito dell’inchiesta sulle aspiranti magistrate costrette a sfoderare minigonna e tacchi a spillo e a subire abusi sessuali.
Nalin «Mi hanno rovinato la vita, sono innocente»
ROVIGO Dopo la sospensione in via cautelare dal ruolo, dalle funzioni e dallo stipendio disposta lo scorso dicembre dal Csm, ora per Davide Nalin, il pm padovano fino a tre mesi fa in servizio alla Procura di Rovigo, si profila lo spettro del processo. I pubblici ministeri di Piacenza Roberto Fontana ed Emilio Pisante hanno chiesto il rinvio a giudizio della toga 38enne e del collega Francesco Bellomo, destituito dal Consiglio di Stato, per stalking e lesioni personali nell’ambito dell’inchiesta sulle aspiranti magistrate costrette a sfoderare minigonna, tacchi alti e trucco pesante, a subire abusi sessuali e a non sposarsi per ottenere la borsa di studio o per non essere espulse dalla scuola «Diritto e Scienza», con sedi a Roma, Bari e Milano.
Il fascicolo è stato aperto nell’autunno 2016, in seguito all’esposto presentato dal padre di una 32enne piacentina «vittima di un intervento molto invasivo nella sua vita privata da parte di Bellomo al punto da causarle un forte stress poi evoluto in disturbi psichici gravi». Basandosi anche sulle testimonianze di altre ragazze sentite dalla polizia, gli inquirenti individuano in Nalin il braccio destro di Bellomo, che lo avrebbe «delegato a controllare l’addestramento delle borsiste, a verificare eventuali inadempimenti dei vincoli contrattuali (come il citato dress code, l’eccellenza dell’immagine esteriore e l’obbligo di avere fidanzati belli, intelligenti e di successo, ndr) e a svolgere istruttorie in caso di presunte violazioni». Stando alla Procura, Nalin — che dal 2014 si occupava proprio di reati sessuali e che a fine novembre 2017 aveva fortemente voluto un protocollo condiviso con le forze dell’ordine da attivare in caso di violenze e maltrattamenti sulle donne — avrebbe partecipato a interrogatori incrociati sulla vita sessuale della 32enne. La borsista nel maggio 2016 venne insultata per il «basso punteggio algoritmico ottenuto dagli ex fidanzati». Il pm veneto «faceva domande sulle violazioni riguardanti la sfera sessualeamorosa e... comunicava alla vittima che avrebbe proposto a Bellomo delle sanzioni».
Minaccia che si aggiunge a quella a lei rivolta dall’ex consigliere di Stato: «Se non confessi tutta la nostra ricostruzione, verrà messa nella rivista (della scuola) e domani tutta Italia saprà che sei una t...». Oltre agli obblighi del contratto — «reperibilità istantanea, comunicazione di ogni spostamento, posizione di distacco rispetto ai comuni allievi» —, la ragazza doveva sottostare al diktat «di svolgere attività sessuale ogni volta che Bellomo lo richiedesse». Nella richiesta di rinvio a giudizio si parla di «forti pressioni da parte di Bellomo e Nalin perchè la donna inviasse al primo le proprie foto nuda». Il pm veneto si è sempre professato innocente. In una lettera all’agenzia Ansa e in intervento ad «Agorà», su Rai 3, ha detto: «Sono state diffuse notizie false, che hanno distrutto la mia vita personale e professionale». Il rapporto con Bellomo? «E’ stato un docente che ha curato la mia formazione. Ho frequentato i suoi corsi per diventare magistrato dal 2005 al 2009. Poi si è creato un rapporto personale e umano, non ha mai confessato di aver sessualmente molestato qualcuno». La scuola «Diritto e scienza»? «Dal 2014 al 2016 ho frequentato i corsi non come collaboratore ma in qualità di studente, una volta al mese». Il «regolamento»? «L’ho visto per la prima volta sulla stampa».
Riguardo al rinvio a giudizio il suo difensore, Vittorio Manes di Bologna, preferisce non commentare, mentre il legale della vittima, Franco Liveri, osserva: «Prendiamo atto con soddisfazione che la Procura ha ritenuto fondato il quadro accusatorio e che con un lavoro accurato ritiene di poter andare a processo. Noi faremo il nostro, costituendoci parte civile nel procedimento penale». Sulla sua assistita, poche parole: «E’ presto per guarire da certe ferite».