Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La campionessa del Cio «La partita non è chiusa serve un progetto unico»
L’olimpionica, membro onorario del Comitato, «consiglia» Cortina
Confessi: lei tifa Cortina. Manuela Di Centa, campionessa olimpica entrata nella Storia degli sport invernali a Lillehammer 1994, quando andò a medaglia in tutte le cinque gare di sci di fondo in programma (ma nel suo palmarès ci sono pure i bronzi di Albertville 1992 e Nagano 1998, sette medaglie Mondiali, due Coppe del mondo), sorride. «Ammetto che vorrei tanto prendere le parti di una delle candidate ma visto il mio ruolo proprio non posso...». Di Centa è stata infatti dirigente del Coni, poi del Cio dal 1999 al 2010, ed è ancor oggi uno dei 41 membri onorari del Comitato Olimpico Internazionale.
Chi meglio di lei può dirci se Cortina ha qualche chance?
«La candidatura di Cortina mi schiera dal punto di vista affettivo, non posso nasconderlo. La lettera inviata dal sindaco al Cio mi è piaciuta molto: parla di territori e comunità confinanti, delle Dolomiti, che sono un po’ anche nostre, friulane (lei è originaria di Paluzza, Udine, ndr.), come del legame che ci unisce e fa di noi un “patrimonio” dell’umanità. È una candidatura bella, inclusiva, di valore. Ma voglio essere imparziale ed equidistante».
Messaggio ricevuto. E però aver proposto due candidature contrapposte, unici tra i Paesi che si sono fatti avanti, non rischia di penalizzarci?
«Abbiamo dato un segnale forte: vogliamo ospitare le Olimpiadi invernali del 2026, ad ogni costo, e per questo ci mettiamo in gioco due volte, con due soluzioni entrambe importanti, credibili, con enormi potenzialità. Credo sia questo il messaggio che ha voluto lanciare il presidente Malagò. L’obiettivo è dar prova di grande capacità sotto vari profili: sportivo, organizzativo, infrastrutturale e di esperienza. Poi certo, c’è il tema del governo...»
Che non c’è.
«Esatto. La candidatura olimpica pesa sul piano sportivo ma anche politico ed economico, impegna tutta la Nazione. Senza il governo, non si va da nessuna parte. Credo che il Coni abbia voluto garantire al prossimo esecutivo la massima libertà di scelta, lasciando intatto l’intero ventaglio delle candidature».
Quali criteri ispireranno la decisione del Cio?
«Tutte le città in corsa hanno i loro punti di forza: Cortina ospiterà i Mondiali di sci nel 2021, Torino ha già vissuto l’esperienza del 2006, di cui serbo ricordi bellissimi visto che fui il “sindaco” del villaggio olimpico e premiai mio fratello Giorgio, Milano dopo l’Expo è rinata e ha dimostrato competenze organizzative con pochi eguali. Alla fine, però, vincerà il progetto più
innovativo, più affascinante, più interessante, quello in grado di far dire al Cio: è qualcosa che non si è mai visto prima».
Cortina potrebbe essere azzoppata dalle difficoltà logistiche tipiche della montagna?
«L’Agenda 2020 ha cambiato radicalmente le linee guida del Cio: ora sono molto più flessibili, come dimostra il superamento del divieto delle Olimpiadi “diffuse” e delle sedi “già ospitanti”. Ora si pone grande attenzione alla sostenibilità economica e ambientale. Mancano alcune strutture? A PyeongChang, in Corea, non c’era niente, è stato fatto tutto ex novo».
Ma così si corre il rischio «colata di cemento» che terrorizza Trento e Bolzano.
«E perché dev’essere una colata di cemento? A PyeongChang si sono fatti due villaggi olimpici, uno “di città” ed uno “di montagna”, entrambi bellissimi. A Lillehammer, che non è certo una metropoli, vennero costruite casette di legno bellissime ancor oggi, e sono passati 24 anni. Si deve pensare tutto nell’ottica del riutilizzo, io immagino cottage per turisti e famiglie ma attendo di conoscere meglio le due proposte, saranno fondamentali i prossimi mesi». Fino ad ottobre, quando il Cio farà la prima scrematura.
«Questo momento di dialogo tra le città, il Coni e il Cio, una novità, sarà essenziale perché è in questa fase che le candidate avranno modo di trasmettere al Comitato Olimpico quanto il territorio ci tiene, si impegna, desidera i Giochi. La partita non è chiusa per nessuno». Insomma, sognare, per Cortina, non è proibito.
«Io sono una montanara, vivo al confine con l’Austria. So quali sono i punti di forza e di debolezza delle nostre genti. Le regole le conosciamo, dobbiamo solo essere noi stessi, presentarci per ciò che siamo. Io non inseguivo le russe perché non potevo essere come loro. Ero Manuela Di Centa, dalla Carnia. Cortina non deve inseguire Torino o Milano, deve far emergere le sue caratteristiche, ciò che la rende unica. Sia autentica e non si senta seconda a nessuno. Altri sono partiti prima? Ma chissene…».
Strategia Cortina non deve inseguire Milano
Unicità Punti su ciò che la rende unica
Scelta Alla fine il governo sarà decisivo