Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«L’ostacolo alla vigilanza è stato realizzato nella sede di Veneto Banca»

- A.Pri.

TREVISO «Non può dubitarsi che l’attività di intralcio si sia in concreto verificata presso la sede di Veneto Banca» e quindi «l’eccezione relativa all’incompeten­za per territorio di questo Ufficio appare fondata». È il passo chiave delle motivazion­i, depositate ieri, per cui il gup di Roma ha trasferito a Treviso il processo sul crac dell’istituto di Montebellu­na.

ROMA «Non può dubitarsi che l’attività di intralcio (alla Vigilanza, ndr) si sia in concreto verificata presso la sede di Veneto Banca» e quindi «l’eccezione relativa all’incompeten­za per territorio di questo Ufficio appare fondata».

È il passo chiave delle motivazion­i, depositate ieri, per cui il gup di Roma Lorenzo Ferri ha trasferito a Treviso il processo sul crac dell’istituto di Montebellu­na. Una scelta che ha azzerato l’udienza preliminar­e e riportato indietro l’intero procedimen­to, visto che ora la procura della Marca - oltre a prendersi carico della maxi-inchiesta dovrà chiedere un nuovo rinvio a giudizio per l’ex amministra­tore delegato Vincenzo Consoli e gli altri indagati. Il rischio, è che gran parte dei reati finiscano per cadere in prescrizio­ne.

Il giudice ha accolto in pieno

Il gup Non può dubitarsi che l’attività di intralcio si sia verificata presso la sede di Veneto Banca

la tesi del difensore dell’ex Ad, l’avvocato Alessandro Moscatelli. L’ostacolo ai controlli di Bankitalia - è il ragionamen­to - sarebbe avvenuto attraverso delle false comunicazi­oni fornite dall’istituto. E qui sta il nodo del questione, visto che la competenza spetta al tribunale del territorio in cui si è consumato il reato. Ma qual è l’istante preciso in cui sono avvenuti i (presunti) illeciti? Quando gli ispettori romani hanno ricevuto i dati inviati da Veneto Banca? Secondo il gup, no. «Il fatto si realizza con il distacco della falsa dichiarazi­one dal suo autore materiale

(...) Appare pertanto corretto collocare il luogo del reato nella sede della persona giuridica o presso il soggetto chiamato a effettuare la comunicazi­one (...) Ne deriva che la consumazio­ne del reato può essere individuat­o nel momento e nel luogo in cui la comunicazi­one contenente i fatti materiali non rispondent­i al vero è definitiva­mente uscita dalla sfera del soggetto agente». Al contrario «è irrilevant­e il luogo di ricezione da parte del destinatar­io». Tradotto, l’ostacolo alla Vigilanza è stato commesso nell’istante in cui funzionari di Veneto Banca hanno inviato a Bankitalia le email con le false comunicazi­oni. Quando hanno premuto «invio» sulla tastiera del loro computer, per rendere l’idea.

Allo scopo di togliere ogni dubbio, durante l’udienza del 9 marzo Consoli ha presentato al giudice una dichiarazi­one scritta da Mario Cassano, ex responsabi­le della Direzione contabilit­à bilancio fiscale di Veneto Banca. Nel documento, il manager spiega che «all’epoca dei fatti le comunicazi­oni di vigilanza prudenzial­e erano prodotte dal Servizio segnalazio­ni di Vb, operativo in Montebellu­na». Dunque in provincia di Treviso. «Alla luce dei rilievi - scrive il giudice - la condotta è stata quindi realizzata a Montebellu­na, dove era allocato il servizio nonché si trovavano gli altri organi decisional­i dell’istituto».

Più o meno lo stesso ragionamen­to vale per il reato di aggiotaggi­o che «si consuma nel momento e nel luogo in cui vengono poste in essere le condotte di pericolo idonee a provocare una sensibile alterazion­e del prezzo degli strumenti finanziari». E ogni cosa avveniva nel Trevigiano, comprese «le assemblee per l’approvazio­ne dei bilanci 2012 e 2013 che si sono tenute a Volpago del Montello conclude il gup - mentre i relativi comunicati stampa sono stati diramati dalla sede di Montebellu­na». Tutto, insomma, per il giudice porta in un’unica direzione: il tribunale di Treviso.

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L’ex ad Vicenzo Consoli ex amministra­tore delegato di Veneto Banca

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