Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Enea, la sconfitta di Marghera e quelle aree che nessuno vuole L’ira di Zaia, accuse alla Regione
Ma Confindustria: «Frascati scelta scontata, ora un patto con il territorio»
La reazione del governatore «Voglio vedere le carte» Ferrazzi (Pd) contesta a Comune e Regione di non aver completato il rogito delle aree
VENEZIA Un’occasione mancata è il commento comune. Un’ipoteca pesante per il futuro di Porto Marghera. Il sindaco Luigi Brugnaro ci contava, forse più della Regione, di portare la ricerca sulla fusione nucleare a Venezia, creando quell’effetto domino sulla riconversione e rinascita dell’area con l’industria 4.0.
Perché la situazione è sotto gli occhi di tutti: nessuno vuole davvero investire a Marghera al di la di chi c’è già. «Ma ci sono aziende che erano chiuse ed hanno riaperto come la Pilkington o la Slim Alluminio che ha investito rilevando il sito dell’Alcoa, negli ultimi anni passi in avanti ci sono stati», precisa il presidente di Confindustria Venezia Vincenzo Marinese. Era l’aprile del 2012 quando il governatore Luca Zaia in occasione dell’accordo di programma per la semplificazione delle bonifiche annunciava due miliardi di investimenti pronti per il rilancio. Di quei soldi è arrivata solo qualche briciola perché i problemi di sempre non sono stati superati: vincoli e bonifiche. Le stesse cose che hanno portato l’Enea a bocciare la proposta del Veneto classificando Porto Marghera terz’ultima di nove candidati. I più vicini al sindaco Luigi Brugnaro raccontano Ca’ Farsetti particolarmente indispettita da una simile valutazione, considerata il risultato della lobby romana. E i consiglieri dem Bruno Pigozzo e Francesca Zottis attaccano Palazzo Balbi. «Questo è anche frutto della disattenzione della Regione, che non ha creduto nelle potenzialità di quest’area e che ha presentato la candidatura tardi, solo a gennaio — dicono — Spiace assistere all’ennesimo rimpallo delle responsabilità dando la responsabilità agli altri, ipotizzando chissà quali complotti contro il Veneto».
Le bonifiche sono da completare, non c’è la certificazione ambientale, l’area è ancora privata e appartiene a Syndial, l’affondo della commissione. Tutto vero, ma sono i problemi di sempre che insistono su Marghera e che probabilmente non potranno mai essere risolti. L’esempio arriva proprio dall’aerea candidata dal Veneto, sei ettari di fronte al vecchio Capannone del Petrolchimico, che fanno parte dei 107 che la società dell’Eni vuole «regalare» alle istituzioni pubbliche. Nel 2014 è stato firmato anche un preliminare, per il passaggio dei terreni ad una società mista tra Regione e Comune, due anni dopo avrebbe dovuto esserci il rogito, che invece non c’è stato. Nel frattempo Palazzo Balbi ha deciso di tirarsi fuori, lasciando giocare la partita solo al Comune con il risultato che le aree sono ancora lì. Troppi problemi e troppi rischi. I cento e passa ettari sono frammentati, alcuni hanno problemi di accessibilità e sono tutti da bonificare, anche se Syndial aveva messo nell’accordo 38 milioni di euro proprio per questo. C’è poi il costo del cosidetto «condominio» tra utilities, trattamento delle acque reflue meteoriche ed emungimenti: tra i 5 e gli otto euro al metro quadrato.
Se Ca’ Farsetti avesse acquistato tutte le aree avrebbe dovuto già sborsare tra i cinque e gli otto milioni di euro all’anno. Tanti, meglio trovare prima gli investitori, proporre l’area e in caso di interessamento fare il passaggio di proprietà. Ma è stato proprio l’aspetto che ha penalizzato maggiormente Porto Marghera, tagliata fuori per il centro di ricerca di fusione nucleare, un investimento di 500 milioni di euro e ricadute nell’indotto per altri due miliardi. «Ma anche se Marghera avesse avuto il massimo del punteggio nei tre aspetti nel mirino non sarebbe arrivata prima — spiega il presidente degli industriali veneziani — In tempi non sospetti avevo indicato come vincitore Frascati e le assicuro che non sono una persona che predice il futuro. Abbiamo perso un po’ di risonanza, ma non il patrimonio: Marghera è viva, gli investitori ci sono, la riqualificazione è a portata di mano, ma ci viole un patto del territorio, le polemiche di certo non aiutano». I sindacati chiedono la convocazione di un tavolo di lavoro alla presenza dei soggetti produttivi, della Regione e della Città metropolitana «al fine di affrontare per tempo tutte le problematiche e per attivare subito ogni procedura che non vanifichi gli sforzi realizzati fino a qui e che permetta ai soggetti imprenditoriali disponibili ad investire sull’area, di avere certezze proprio sui loro progetti, all’interno di una visione condivisa», dicono Cgil, Cisl e Uil.
Resta l’amarezza per l’esclusione e lo schiaffo del terz’ultimo posto. «Con nove regioni candidate il minimo è andare a vedere le carte per capire cosa ha di più Frascati rispetto al Veneto, ma anche del Piemonte, quindi chiederemo le carte per il rispetto della procedura», mastica amaro il presidente del Veneto Luca Zaia pronta ad investire sul progetto di Enea 40 milioni di euro. E se il neo senatore Pd Andrea Ferrazzi accusa Regione e sindaco di non aver completato il rogito delle aree di Syndial («Ciò fa arrabbiare alla luce del massimo della valutazione sulla infrastrutturazione esistente e sulla compatibilità della destinazione urbanistica assicurata dal Pat»), il Movimento Cinque Stelle parla di propaganda: «Siamo alla presenza di un sindaco che pretende di governare con effetti speciali senza un lavoro serio fatto a monte», dice la consigliera comunale Sara Visman.