Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Oehlen, eccessi e battaglie di colori sulla tela
L’atrio del palazzo-museo è completamente vuoto. Dopo l’abbondanza di «Demon with Bowl», la fantasmagorica spettacolare scultura alta 18 metri di Damien Hirst, Albert Oehlen, com’è nel suo stile, fa una scelta radicale: quella di lasciare libero l’interno della «scatola architettonica» del settecentesco edificio sul Canal Grande occupando con le sue opere gli ambienti intorno del primo e secondo piano.
Palazzo Grassi a Venezia ospita «Cows by the Water», la più ampia personale in Italia dedicata all’artista tedesco,
Ambienti A cura di Bourgeois una personale dell’artista tedesco che rifugge dalle etichette
aperta da domenica al 6 gennaio 2019. «La rassegna - spiega il direttore di Palazzo Grassi-Punta della Dogana Martin Bethenod - si inserisce nell’ambito delle monografiche di artisti contemporanei (Fischer, Stingel, Penn, Raysse, Polke, Hirst) con l’idea di ospitare progetti inediti pensati per questo spazio, lasciando carta bianca agli artisti. L’atrio vuoto è una sorta di statement per Oehlen».
Influenzato da Baselitz, Polke e Richter, definito dal New York Times come «un maestro dell’eccesso disciplinato», anticonformista e visionario alla ricerca della forma pura, Oehlen (1954, Krefeld) è un autore che rifugge ogni etichetta, ama reinventare e ridefinire le tecniche di pittura, andare oltre i limiti. Le sue tele abbaglianti e piene di esuberanza sono istintive e cerebrali. Curata da Caroline Bourgeois, l’esposizione traccia un percorso lungo la produzione di questo bad boy dell’arte attraverso 85 opere, provenienti da collezioni private e musei internazionali (una decina quelle della Pinault Collection), scandendo un racconto non cronologico bensì di continua sperimentazione, con temi che ricorrono e dei momenti di rottura a dettare il ritmo della mostra. Come nella musica, importante per la creazione delle opere di Oehlen, autore interessato ad entrare nella materia innescando sempre una battaglia nei suoi lavori, tra contaminazione, improvvisazione e ripetizione. Dalle grandi tele neoespressioniste degli anni ‘80 ai computer painting dei ‘90, fino ai dipinti sospesi tra astrazione e figurazione del terzo millennio. Il colore forte magenta «sporcato» da vari elementi come nella prima opera che accoglie il visitatore, Ohne Titel (2015-16); o le cromie più brunite delle opere giovanili, si alternano al bianco e nero di molti lavori.
L’autoritratto dell’artista fa da fil rouge, in tele quasi d’impostazione primi Novecento. Sorprende, però, nell’unica installazione presente in mostra (anche questa Ohne Titel, del 2005, l’autore non fornisce quasi mai titoli, forse sempre nell’ottica di non voler rimanere imbrigliato in schemi), in cui troviamo il fantoccio dell’artista nel suo letto. Tra grandi teleri prevalentemente astratti, una nuova rottura si ha entrando in una stanza riempita da una parete con Baume (2004), enormi alberi gialli catalizzanti che sembrano inghiottire lo spettatore. Ci sono poi le tele Pop, grandi collage realizzati tra il 2009 e il 2013: «Direi che in fondo – sottolinea la curatrice Bourgeois – l’anima di Oehlen è rock». L’artista presenterà una painting performance domenica alle 14.