Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Doccia fredda su Coin: il giudice respinge il ricorso Rischio chiusura a breve
Le speranze di una proroga appese alla seconda azione legale
Nella battaglia che vede Coin contro Coin, il primo punto lo segna la proprietà dell’immobile. Con una doccia gelata sui lavoratori. Ieri mattina, dalle aule di campo San Giacometto, è infatti arrivato il primo pronunciamento del tribunale civile sulla diatriba legale sorta intorno al contratto d’affitto dello stabile di ponte dell’Ogio e per i dipendenti non si tratta di buone notizie. Il giudice ha infatti respinto la richiesta di proroga avanzata dai legali di Coin Srl, che domandavano un prolungamento dei termini di locazione – scaduti lo scorso 28 febbraio – per avere più tempo per poter avanzare una controproposta, cercare una soluzione alternativa per il punto vendita e organizzare il trasferimento dei dipendenti. Il tribunale però non ha concesso proroghe e ha respinto la richiesta. Le motivazioni della decisione del giudice non sono ancora note, saranno depositate entro due settimane. «Coin srl prende atto della decisione di non concedere la proroga rispetto al rilascio dell’immobile - recita la nota dell’azienda - e attende il deposito delle motivazioni per poter valutare ulteriori azioni». Cioè un ulteriore ricorso.
Affranti i trenta lavoratori ancora in forze a Coin Excelsior (altrettanti sono i dipendenti dei corner interni dei marchi), che ieri sono tornati ad aspettare fuori dall’aula. «Siamo delusi e sconsolati – scuoteva la testa una delle commesse – Sembra impossibile che non si possa fare proprio niente per aiutare trenta famiglie». Il negozio multipiano di salizada San Giovanni Grisostomo esiste dal 1947, ma negli ultimi anni ha attraversato un importante – e costosa – fase di rinnovamento: trasformato in «Excelsior» al prezzo di circa tre milioni di euro e tarato su una clientela più turistica e fasce di prezzo più alte. Nonostante le incertezze dopo la trasformazione, la spallata non è arrivata dai bilanci, ma dalla proprietà dell’immobile: a pochi mesi dalla scadenza del contratto di locazione, il gruppo Drizzly di Paola Coin ha chiesto a Coin Srl un canone annuale pari a cinque volte quello passato (3,5 milioni), che si aggirava intorno ai 700 mila euro. Inutile la controfferta per oltre 2 milioni: i proprietari del palazzo non hanno neppure preso in considerazione l’ipotesi, disdettando il contratto ormai scaduto. Da settimane gira voce che dietro al rifiuto si nasconda un accordo informale tra Drizzly e il marchio H&M, che potrebbe aver puntato l’immobile per riposizionare i suoi scaffali di campo San Luca. Conferme e smentite non sono mai arrivate, visto che la Drizzly di Paola Coin si è barricata dietro il silenzio, e lo stesso hanno fatto i suoi legali, che anche ieri si sono rifiutati di rilasciare qualunque dichiarazione. «Cercheremo di parlare anche con loro, intanto lunedì è previsto un tavolo di confronto in Regione – ha ricordato l’assessore comunale al Patrimonio, Renato Boraso, che in questi mesi ha cercato di mediare tra le parti a nome di Ca’ Farsetti – Speravamo che il tribunale, viste le tante famiglie coinvolte, potesse dare un segnale forte». Sconsolati anche i sindacati. Scuote la testa Fabio Marchiori, di Uil: «Aspettiamo le motivazioni, per capire cosa fare, ma queste sono davvero brutte notizie per tutti».
Il negozio dovrebbe essere riconsegnato il 12 aprile. L’unica speranza rimasta è l’udienza del 23 aprile, undici giorni dopo, quando il tribunale dovrà esprimersi sul secondo ricorso e cioè la richiesta di una proroga dello sfratto esecutivo, già notificato nelle scorse settimane a Coin Srl. Sono due procedimenti paralleli, e se il secondo permetterà al punto vendita veneziano di non chiudere le saracinesche il 12 aprile - visto che il giudice ha disposto una sospensiva per lo sfratto fino alla sentenza – è difficile che, anche in caso di accoglimento, conceda più di tre mesi di tempo all’azienda. «Al contrario, se il procedimento di ieri fosse andato bene si poteva sperare in sei o anche 12 mesi», rimarca Boraso.
"Boraso Speravamo che il tribunale potesse dare risposte a 30 famiglie