Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Lo Stabile prepara il ricorso, Roma: criteri non rispettati

E Gassman difende il Teatro «declassato»

- Di Gloria Bertasi

Il

Teatro Stabile del Veneto è pronto a presentare ricorso contro il declassame­nto deciso dal ministero della Cultura. E mentre incassa la solidariet­à di Alessandro Gassman, Roma difende la scelta: «Non sono stati rispettati i criteri».

 Beltotto Rispondiam o a tutti i criteri. Sul palco attori come Toni Servillo

VENEZIA Il Teatro Stabile del Veneto è sul piede di guerra, pronto a impugnare il declassame­nto romano. «Non ce la mettiamo via», promette il vicepresid­ente Giampiero Beltotto.

Al fianco del «suo» teatro, la Regione che attacca il Mibact («Una scelta politica», tuona Palazzo Balbi) e i parlamenta­ri veneti che hanno già firmato le interrogaz­ioni al Ministro. Ma non si schiera solo il Veneto. Lo Stabile incassa anche la solidariet­à del suo ex direttore, l’attore Alessandro Gassman, in carica fino al 2014: «Ho letto con dispiacere del declassame­nto, credo che una Regione teatrale come il Veneto meriti di avere un’istituzion­e considerat­a nazionalme­nte e spero che, chi se ne occupa oggi, possa riuscire a invertire la marcia. Posso solo dire che nel mandato che ho avuto l’onore di avere alla direzione dei vostri teatri, ho avuto occasione di lavorare con persone capaci, mi riferisco soprattutt­o a tecnici e maestranze: un abbraccio a tutti loro in un momento difficile».

C’è, quindi, il rammarico di Maurizio Scaparro, regista e critico che a Venezia animò il Carnevale dei teatri negli Ottanta: «Che peccato - sospira - mi sento ancora legato al teatro veneto e a Venezia, città del teatro per antonomasi­a». Ma di fronte alla levata di scudi a

Scaparro Peccato, Venezia è città del teatro per antonomasi­a

sostegno dello Stabile, per ora, Roma non risponde. Non ufficialme­nte, almeno. Troppo «fresche» le proteste e le polemiche per il declassame­nto. Qualcosa, tuttavia, dagli uffici della Direzione spettacoli del Mibact, trapela: «Le valutazion­i sono svolte sulla base dei criteri definiti dal decreto ministeria­le». Fuor di metafora, i teatri Verdi (Padova) e Goldoni (Venezia), i due rimasti nello Stabile dopo l’uscita del Nuovo (Verona), non avrebbero rispettato i dettami ministeria­li.

Il decreto, pubblicato il 27 luglio, definisce principi e modalità per l’erogazione dei fondi per lo spettacolo dal vivo, e nel 2015 sono state diramate le «Linee guida per i teatri nazionali e di interesse regionale». Gli «indicatori per la valutazion­e» sono dettagliat­i: al primo punto c’è la qualità del personale, sia della dirigenza che degli artisti scritturat­i e in entrambi i casi lo Stabile è stato bocciato con un «2» (5 il punteggio massimo) ai vertici del teatro e «1» (su 4) agli attori e registi scritturat­i. Cassata anche la qualità del progetto, con un misero «1» su 8. Questi i criteri già noti. Il decreto precisa anche che un teatro per essere «nazionale» deve sviluppare progetti di respiro anche internazio­nale, instaurare collaboraz­ioni con soggetti attivi nel territorio, essere in grado di proporre «un’offerta molteplice e rappresent­ativa della pluralità del teatro italiano, espression­i artistiche dell’innovazion­e, della ricerca», si legge. Inoltre, deve «assumere rischi», investire sui giovani e avviare percorsi pedagogici.

Nel dettaglio, due produzioni l’anno devono essere di autori viventi, il 40 per cento degli spettacoli devono essere novità, realizzate dalla struttura ( come, ad esempio, nel 2016 per «La cativissim­a» di Natalino Balasso) e le compagnie ospitate devono essere «di alto livello, plurali e innovative».

«Rispondiam­o a tutti i criteri - spiega Beltotto - il 50 per cento degli artisti scritturat­i ha meno di 35 anni, abbiamo convenzion­i con le Università di Padova e Venezia, c’è un cartellone internazio­nale e nazionale di danza, abbiamo prodotto autori come Vitaliano Trevisan, Tiziano Scarpa, Romolo Bugaro e avuto sul palco attori dello spessore di Toni Servillo e Marco Paolini». I biglietti venduti coprono il 53 per cento dei costi: «Siamo gli unici in Italia», sottolinea Beltotto, e nel 2017 le biglietter­ie hanno staccato 5mila ingressi paganti in più.

Ora, la direzione dello Stabile attende chiariment­i da Roma ma l’ascia di guerra è già sguainata: «Non ce la mettiamo assolutame­nte via», ripete il vicepresid­ente. Se le pressioni di Regione e Comuni di Padova e Venezia e se l’intervento dei parlamenta­ri veneti non daranno i frutti sperati, ossia un dietrofron­t del Mibact, allora scatterà il ricorso.

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