Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Certificato per i migranti in tribunale, il Garante lo boccia: discriminante
VENEZIA Il protocollo veneziano sulla gestione delle udienze sullo status per i migranti (che chiede tra l’altro ai legali di segnalare l’eventuale stato di malattia del cliente) finisce nel mirino del ministero della Giustizia. Il Guardasigilli ha chiesto un parere al «Garante» che boccia le nuove regole: «Discriminano e violano i diritti delle persone».
VENEZIA Dopo le polemiche di avvocati specializzati (Asgi), correnti dei giudici (Magistratura democratica), cultori della dottrina (Giuristi democratici), ora il protocollo veneziano sulla gestione delle udienze sui migranti che hanno richiesto protezione internazionale finisce nel mirino anche del ministero della Giustizia. Nei giorni scorsi infatti il dicastero guidato da Andrea Orlando ha chiesto e ottenuto un parere dal «Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale», un organismo indipendente formato da tre esperti che dopo quasi un ventennio di dibattito è diventato operativo un paio di anni fa. E il Garante ha bocciato senza mezzi termini il protocollo firmato il 6 marzo scorso dalla presidente del tribunale di Venezia Manuela Farini e dal presidente dell’Ordine degli avvocati lagunari Paolo Maria Chersevani: «Colpiscono negativamente sia il tenore complessivo del documento, sia alcuni aspetti inaccettabili per la loro possibile interpretazione discriminatoria - è scritto nel parere trasmesso al ministero - E, in un punto specifico del documento, per il rischio di violazione di diritti fondamentali della persona».
Il protocollo è nato per gestire una questione che da tre anni sta mettendo in ginocchio il tribunale lagunare, competente per l’intero Triveneto e sommerso da migliaia di ricorsi contro le decisioni con cui le commissioni territoriali (che in Veneto sono a Padova e Verona) abbiano rigettato la richiesta di protezione internazionale. Ogni giorno in tribunale arrivano decine di migranti per le udienze, la cui parte centrale è proprio la loro audizione. Farini e Chersevani hanno dunque voluto stabilire delle linee guida in particolare per ottimizzare le udienze (per esempio prevedendo che l’audizione sia condotta dal giudice senza l’intervento dell’avvocato, oppure che qualora il legale sia in ritardo quei minuti vengano sottratti all’udienza per evitare tempi morti) e anche per rispondere ad alcune preoccupazioni di magistrati e personale sul rischio sanitario, chiedendo ai difensori di segnalare in anticipo, qualora ne siano a conoscenza, l’eventuale stato di malattia del cliente (in particolar modo la tubercolosi, come già accaduto in passato), in modo da poter predisporre le contromisure adeguate: per esempio l’udienza in aule più «decentrate» o in orari meno affollati e l’uso di mascherine. Proprio quest’ultimo aspetto è stato tra i più contestati anche dal Garante nel parere reso noto ieri, in cui lo definisce «il punto di maggiore e inaccettabile criticità». «Colpisce innanzitutto l’impostazione culturale che tale disposto sembra esprimere - scrive il collegio di tre esperti guidato da Mauro Palma - Esso lede la tutela dei dati sensibili garantita dalla legge, il diritto alla riservatezza, il rispetto della dignità della persona» C’è anche un problema deontologico per gli avvocati: «La disposizione viola il rapporto di fiducia intrinseco all’esercizio del diritto di difesa e si pone in insanabile contrasto con i doveri di riservatezza e di segretezza riguardo a tutte le informazioni ricevute nello svolgimento del mandato difensivo». Viene poi sottolineata la disparità di trattamento con gli altri procedimenti, dove non viene chiesto lo stato di salute delle persone che vi partecipano.
«Abbiamo già risposto a tutte le questioni sollevate, spiegando che ci sono delle norme precise sul diritto alla salute, mi dispiace che ci sia ancora qualcuno che vuole strumentalizzare la questione - afferma Chersevani - Io ritengo che sia stato un accordo fatto nell’interesse del migrante». Ora però è sceso in campo il ministero. «Se ci chiederanno spiegazioni non faremo altro che girare quelle che avevamo già dato - continua - Se ci chiederanno delle modifiche le valuteremo. Credo però che qui a Venezia ci siano problemi ben più gravi di cui nessuno parla, tipo il Giudice di pace allo sbando».
In realtà il Garante ha letto anche la replica e critica pure quella. «La prevalenza di “esigenze di salute pubblica” viene legittimata con il richiamo del tutto improprio a fonti sovranazionali - conclude - Queste ammettono esplicitamente e tassativamente la possibilità di restrizioni eccezionali e specifiche all’esercizio dei diritti, contemplate esclusivamente in forza di legge. Non di un Protocollo che indica regole meramente organizzative».