Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Riscatto necessario
Èla trasformazione del globo, con tutta l’Europa in difficoltà, migrazioni epocali, la ricchezza che si sposta, ma è anche un’inerzia locale, senza coraggio. Il Veneto, adesso, deve porsi la domanda bella del suo futuro, imparando qualcosa da queste sconfitte, senza ridicoli muscolarismi. Cosa vuole essere il Veneto tra dieci, venti, cinquant’anni? Vuole essere una Svizzera? Impossibile, senza finanza. Vuole essere un Belgio? Impossibile, senza le istituzioni. Vuole essere Milano? Impossibile, senza i media e le dimensioni cittadine. deve attrarre investimenti, occasioni, saper dialogare con Roma e con l’Europa, essere appetibile per i grandi contesti internazionali. Deve alleare l’imprenditoria in nuovi progetti grandi, valorizzare le proprie città, capirne la centralità, soprattutto di Venezia e Marghera. E poi deve essere il Veneto, inventarsi un modello possibile, esportabile, unico al mondo, come hanno fatto i nostri vecchi cinquanta, sessant’anni fa, sul niente. Un modello che non rinneghi mai il benedetto policentrismo che evita le megalopoli, mitiga i disagi urbani, consente una qualità della vita e della società, un controllo del territorio ancora ottimo (salvo in alcune aree, come Mestre, in fortissima crisi). Ma che coniughi un’eccellenza infrastrutturale di spostamenti e logistica, una concentrazione sapiente di istituzioni e università, per rafforzare senza atomizzare, ridurre a poltiglia. Un Veneto che guardi al Nord con il Brennero ma ritorni a essere la porta verso Est, lì dove si spalanca un mondo di opportunità. Il mondo è la sfida; il mondo che premia le aziende che esportano ma anche tutte le istituzioni capaci di «esportarsi» (anche in ambito culturale, come Fenice o Biennale) e boccia il localismo, la paura, l’arretratezza.