Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Casa all’asta col cadavere «Famiglia informata delle difficoltà di Walter»
Il sindaco: «Aveva rifiutato l’aiuto dei servizi sociali». Il genitore: «Bugie»
Un muro troppo alto da superare. È una parete invisibile ma non per questo meno resistente, quella psicologica tra un figlio e un padre in rotta fra loro.
Il genitore e i (pochi) familiari di Walter Dal Zotto, il 42enne trovato morto semimummificato nella sua casa messa all’asta a Valli del Pasubio (Vicenza), secondo il Comune di Schio erano informati delle condizioni di estrema indigenza dell’uomo. Inoltre, l’uomo aveva respinto i servizi sociali che l’avevano cercato per aiutarlo. Una combinazione di elementi che, probabilmente, gli è stata fatale. La procura di Vicenza, intanto, ha disposto l’autopsia sulla salma.
«Il nostro assistente sociale l’anno scorso ha bussato alla sua porta a Valli. Dal Zotto non l’ha fatto entrare, l’ha mandato via. Anche la famiglia, che risiede a Schio, era stata contattata e informata della situazione dai nostri operatori» spiega Valter Orsi, sindaco di Schio.
Il corpo di Dal Zotto mercoledì era stato trovato semimummificato sul divano di casa, le gambe accavallate, dall’ufficiale giudiziario che era entrato a far vedere l’immobile di via Molin Maso a Valli a un aspirante acquirente (l’asta è tutt’ora programmata per il 24 aprile, offerta minima 27mila euro). «Era conosciuto dai nostri servizi, nel 2008 aveva accettato un aiuto ed era stato inserito, lavorativamente, in una cooperativa. Purtroppo l’anno scorso non è andata così, la risposta all’operatore è stata una porta in faccia». Il sindaco è scosso dal triste epilogo della vicenda: «Quanto accaduto è sconvolgente ma in certi casi, fortunatamente rari, entriamo in contatto con persone che, pur trovandosi in estrema difficoltà, rifiutano ogni tipo di sostegno. E non si possono costringere ad accettare un aiuto».
Sia Orsi che il suo omologo di Valli del Pasubio, Armando Cunegato, difendono l’operato dei servizi di assistenza sociale comunale. «I nostri operatori hanno contattato i colleghi scledensi e sappiamo per certo che la famiglia era stata informata. Anche se la vicenda, ovviamente, ci lascia choccati» avverte Cunegato.
Dal Zotto, pur vivendo nella casetta di Valli da 15 anni, formalmente aveva mantenuto la residenza nell’abitazione di famiglia, in un quartiere montano di Schio. Qualche residente si ricorda ancora di lui: «Era un bravo ragazzo – mormora un’anziana – i genitori, invece, erano sempre arrabbiati». La madre di Walter, Teresina Battistella, è morta a Natale del 2016. Almeno con lei, l’uomo aveva mantenuto i contatti: era la donna a rifornirlo di beni di prima necessità. Ora Luciano Dal Zotto, l’anziano padre di Walter, caccia via – minacciando anche di sparare – chi prova a chiedergli come possa essere avvenuta una tragedia simile. «Andate via. Sono state scritte falsità, tutte balle: i giornali hanno inventato tutto», strilla.
Anche la Caritas diocesana, da sempre in prima linea per il sostegno ai casi di marginalità, s’interroga sull’accaduto. «A volte accadono situazioni di persone che faticano anche a chiedere aiuto, anche se non sono frequenti – osserva il direttore don Enrico Pajarin -. Le vicende della vita o il carattere ,a volte possono piegare gli animi, scoraggiando e chiudendo le persone in loro stesse. Occorre creare occasioni semplici, anche passando magari solo per un saluto, per offrire qualche contatto fraterno».