Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’isola di San Francesco compie ottocento anni appello dei frati per salvarla
L’isola compie 800 anni. Per l’oasi della spiritualità urgono restauri
VENEZIA L’isola di San Francesco nel Deserto, nella laguna nord, si prepara a compiere i suoi primi 800 anni. Da otto secoli ospita un convento francescano. Oggi sono solo cinque i frati che la abitano e proprio da loro arriva un appello alla solidarietà di chi ama l’isola. Servono restauri (non si è fatto più nulla dagli anni ‘60) che saranno all’insegna della sostenibilità.
VENEZIA Da qui Venezia appare lontanissima. Un luogo sospeso nello spazio e nel tempo, che costituisce un unicum nella geografia e nella storia lagunare: è l’isola di San Francesco del Deserto che si prepara a festeggiare i suoi 800 anni di storia. L’ottavo centenario dell’arrivo nell’isola del santo di ritorno da Gerusalemme cadrà nel 2020 e per allora i frati dell’isola annunciano una campagna di restauri. «Ci piacerebbe sensibilizzare la raccolta fondi per conservare quest’isola e per viverla nella sua identità e spiritualità: vorremmo che chi dona si sentisse parte della storia bellissima di questo luogo. Siamo eredi di una tradizione di otto secoli», commenta Fra Gabriele Trivellin, uno dei cinque frati che abitano l’isola. Come mantenere dunque la vocazione privilegiata dell’isola come luogo dello spirito, preservandola dalle dinamiche di speculazione e dal turismo di massa che investono ogni giorno Venezia, garantendone la conservazione e la sostenibilità?
Il progetto di restauro è stato presentato ieri dall’architetto Claudio Menichelli e dall’ingegnere Francesco Mattiazzo durante il convegno organizzato dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, «Verso gli 800 anni di San Francesco del Deserto». Si tratta del primo intervento organico dopo più di 50 anni – l’ultima campagna generale della Soprintendenza risale agli anni ‘60, mentre nei ventenni passati sono stati fatti interventi puntuali, come il restauro delle arcate del chiostro quattrocentesco o della pavimentazione del refettorio (che ha portato alla scoperta dell’antico pavimento a spina di pesce). «Il complesso del convento gode di un buono stato di salute - spiega Menichelli - e questo grazie alla costante azione di cura e manutenzione effettuata dai monaci. Ma adesso è attuale l’esigenza di un intervento generale di manutenzione, che riguarderà i legamenti, le strutture di copertura e dei solai lignei e gli interventi sulle murature del convento. E soprattutto il rinnovamento degli impianti – sempre nel segno di minima invasività e sostenibilità ambientale – con l’installazione di un impianto di recupero delle acque meteoriche con vasche di accumulo o con l’estensione del sistema di drenaggio realizzato dai frati Scilla e Barbiero per la difesa dalle maree eccezionali; insieme all’ammodernamento degli ambienti per abbattere alcune barriere architettoniche e migliorare le condizioni abitative».
Sì perché ogni anno l’isola accoglie quasi 25 mila visitatori, tra chi vi sosta per poche ore a chi si ferma per un ritiro spirituale di qualche giorno. «La sfida per l’isola oggi è conservare la sua dimensione di preghiera, lavoro e custodia del silenzio e, insieme, rinnovare l’apertura al mondo attraverso l’accoglienza», conclude Fra Gabriele Trivellin. L’isola con la sua bellezza è anche al centro del documentario realizzato dal regista Giorgio Fornoni: «Come in un puzzle ho cominciato a raccogliere immagini, sensazioni, testimonianze, tutto ciò che mi restituisse il senso di questo luogo dove l’uomo si può ritrovare e uscire dalla propria solitudine».