Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Chioggia, duemila in corteo città schierata, negozi chiusi «Impianto Gpl, non si farà»
In testa il sindaco con la fascia. Rossi: un forte segnale al Tar
CHIOGGIA Negozi chiusi e listati a lutto, studenti che invece di zaini e libri ieri mattina hanno inforcato striscioni e cartelli, la banda musicale dei ragazzi schierata in prima fila. Ieri tutta Chioggia è scesa in marcia per la manifestazione contro il deposito Gpl di Punta Colombi, un’iniziativa che ha mobilitato quasi duemila persone tra cittadini, studenti, associazioni, negozianti, albergatori, campeggiatori, artigiani, gestori di stabilimenti balneari, pescatori che hanno organizzato un corteo acqueo parallelo, deputati e senatori di tutti gli schieramenti. In prima fila il sindaco Alessandro Ferro e il presidente del comitato No Gpl Roberto Rossi per ribadire la contrarietà al deposito da diecimila metri cubi di gas che ha realizzato la società di Fidenza Socogas in un’area portuale in Val Da Rio, zona dove si è conclusa la manifestazione. «Una bomba vestita a festa», come l’ha definita una residente che ogni mattina si affaccia sull’impianto destinato allo stoccaggio di Gpl in arrivo dal Nord Africa su navi gasiere. Sorge a trecento metri in linea d’aria dalle abitazioni e dalle scuole, l’ elementare Marchetti e la media Silvio Pellico davanti alle quali ieri il corteo ha fatto tappa per sottolineare che in caso di incidente, neanche i bambini sarebbero risparmiati. Due tribunali hanno in mano la vicenda. La Procura di Venezia, innanzitutto, dove un pool di quattro magistrati indaga sulle ipotesi di reato di disastro ambientale, abuso d’ufficio e violazione di norme urbanistiche e paesaggistiche (mancherebbero i via libera di Soprintendenza e Capitaneria di Porto). E poi c’è il tribunale amministrativo, che un anno fa giudicò irricevibile il ricorso di comitati e a luglio sospese l’ordinanza del Comune che bloccava i lavori perché Socogas ha in mano dal 2015 un’autorizzazione ministeriale per realizzare quello che è considerato un impianto strategico. La guerra dei ricorsi non si è fermata e il 10 maggio il Tar entrerà di nuovo nel merito. «La città ha mandato un grande segnale ai magistrati che dovranno esprimersi a maggio – dice Roberto Rossi – E se anche dalla Procura arrivasse un segnale, sarebbe di grande importanza per il Tar». Se la questione non si risolverà nelle aule giudiziarie, la speranza è si risolva per via politica, grazie all’impegno dei parlamentari che ieri hanno manifestato a fianco dei cittadini. «Questo impianto va demolito – tuona Sergio Vallotto, onorevole della Lega presente con i colleghi Ketty Fogliani e Alex Bazzaro – È dannoso per l’economia, per il turismo e per la popolazione di Chioggia e non possiamo permette che sia completato: faccio appello a tutte le forze politiche». «Non dimentichiamo chi c’era e di chi sono le responsabilità – avverte la senatrice Orietta Vanin, M5s – Quale persona permette di avere una bomba attaccata alle case? Ci impegneremo perché l’autorizzazione sia revocata in base alle legge 241 del 1990», assicura. «Mai vista una città che scende tutta compatta in strada per dire no ad un’opera come questa: qui ci sono i cittadini che vogliono giustizia - esclama il senatore Pd Andrea Ferrazzi – Qui non c’è stato coinvolgimento dei cittadini e il procedimento è stato fatto sottotraccia ma a noi dello stato di avanzamento non importa nulla perché la sicurezza conta molto di più». L’onorevole Nicola Pellicani conferma l’impegno a portare in parlamento le richieste dei cittadini: «Questo impianto non partirà». «Una cassa di cemento piena di esplosivo a trecento metri dalle case non è adeguata: lo dice il popolo che è qui, studenti, ragazzi e ogni decisione che sarà presa avrà effetto su di loro», conclude il deputato del M5s Alvise Maniero, deputato 5s.
Vallotto (Lega) Dannoso per l’economia, per il turismo. Mi appello a tutte le forze politiche: non va completato
Ferrazzi (Pd)
Mai vista una città intera che scende in strada compatta. L’autorizzazione va revocata