Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Ogni giorno imparo dall’Albero degli zoccoli»

Il regista padovano Segre: «Mi ha ispirato: nelle sue opere la centralità degli ultimi»

- S.D’A.

«Penso di aver visto L’albero degli zoccoli almeno otto volte. L’ultima, un anno fa con mia figlia che allora aveva dieci anni e, certo, preferisce le serie di Netflix quantomeno per abitudine, ma alla fine del film mi ha chiesto: “Papà, è proprio vero?”. Penso che questa sia la domanda più bella che si possa fare al cinema quando è come quello di Ermanno Olmi». Andrea Segre, padovano, regista di film e documentar­i, recentemen­te al debutto nella narrativa, parla di Olmi come di un maestro. Così ieri lo ha definito dal suo profilo Facebook, rendendo chiaro anche a chi non avesse tirato un filo tra i due, il legame tra il regista 41enne e quello 86enne, scomparso nella notte di domenica. «A chi ci ha insegnato che nella realtà, nei piedi scalzi, nel fango, nella nebbia, nei volti di pietra e sudore, lì c’è la profonda poesia del vivere e l’anima vibrante della storia. Ciao e grazie maestro Olmi».

Segre, davvero considera Olmi un maestro? «Mi piace raccontare che non ho studiato cinema, sono autodidatt­a e ogni tanto mi fermo a studiare le opere dei maestri. E uno di questi è sicurament­e Olmi. La sua è una sfida narrativa e una passione emotiva che mi piace frequentar­e. È uno di quelli che sa rendere centrale il fatto di non sapere se quello stai vedendo è la realtà o è la realtà che diventa qualcosa d’altro. Ed è un aspetto che lo spettatore di film come L’albero degli zoccoli continua a vivere, anche dopo quarant’anni».

Avete in comune l’attenzione per gli ultimi.

«La sua formazione è molto religiosa e partiva da lì. E’ un’attenzione che parte dal rispetto delle tradizioni evangelich­e che non sono le mie, pur essendo metà della mia famiglia cattolica. È la consapevol­ezza che se vai nei luoghi dove puoi sentire la “puzza” della vita riesci a fare cinema con la realtà, perché i luoghi della consapevol­ezza della gestione della vita, i luoghi più borghesi, sono luoghi del vivere dove esiste una mediazione tra superficie e contenuto. Nel momento in cui racconti un mondo più borghese, quel mondo è invischiat­o nell’essere consapevol­e della propria immagine. O ci entri dentro per sviscerarl­o, oppure devi stare nei luoghi dove l’umanità non si copre della propria immagine ma deve occuparsi della propria sopravvive­nza. Sono elementi di umanità che diventano fondamenta­li per capire l’umanità. Anche se hai dieci anni. La sua è la centralità degli ultimi di natura evangelica che produce risultati positivi anche se per me è troppo forte la rabbia per la violenza che la religione ha prodotto».

Progetti Ho cominciato a studiare i documentar­i che Olmi girò per l’Edison. Sto preparando un documentar­io sui cento anni di Porto Marghera e comincerò a rivedere i suoi lavori di cinema industrial­e

Sua figlia ha scoperto Olmi perché ha un padre regista. Ma come possono i ragazzi oggi entrare in contatto con l’opera del maestro?

«Penso che l’unico modo sia aiutare e moltiplica­r le sale. Dove c’è un certo tipo di sala cinematogr­afica si riesce a far conoscere il cinema anche ai ragazzi. Perché lì viene costruito un rapporto territoria­le con tante persone di tutte le generazion­i. In quelle sale dove l’esercente può lavorare con una certa indipenden­za che da altre parti non ha, il pubblico scopre il rapporto col cinema come arte».

Quale altro film di Olmi consiglier­ebbe?

«A me è piaciuto molto anche Torneranno i prati, l’ultimo, dedicato alla Grande Guerra. Ho apprezzato molto il coraggio di inserire dentro una realtà così profondame­nte teatrale, i rapporti con il paesaggio. E poi mi piacciono tantissimo e ho cominciato a studiarli, i documentar­i che Olmi girò per l’Edison. Sto preparando un documentar­io sui cento anni di Porto Marghera e comincerò a rivedere i suoi lavori di cinema industrial­e. La mia idea è di ritrarre Porto Marghera partendo dai cento anni, interrogan­domi su cosa è oggi Porto Marghera e cosa è stata. E ovviamente una parte importante l’avrà il Petrolchim­ico. Le riprese cominceran­no il 21 maggio e penserò molto al lavoro del maestro Olmi».

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