Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Veneti già tutti schedati i sani sono un milione Boron: «E’ il futuro»
VENEZIA Il 72% dei 2 milioni di pazienti che ogni anno arrivano ai Pronto soccorso della regione sono già noti al sistema, perché cronici che vedono riacutizzarsi le proprie patologie. Per evitarne il ripetuto passaggio prima nei poli di emergenza e poi in reparto, con notevole aggravio dei costi per la sanità veneta, il nuovo Piano sociosanitario prevede per loro protocolli diagnostico-terapeutici dedicati. E quindi uno scambio costante di informazioni, consulenze, tele-consulenze e tele-refertazioni con i medici di famiglia, ricoveri in Day Hospital e pacchetti di prestazioni di specialistica ambulatoriale necessarie a gestire la malattia cronica instabile. Ogni percorso viene predisposto da un team multidisciplinare.
Ma come si fa a giocare d’anticipo, cioè a individuare quanti cittadini soffrono di cosa, le loro necessità, gli standard di assistenza più appropriati e la relativa spesa? Il Veneto, prima regione d’Italia, ha adottato un sistema di rilevazione denominato «ACG» che, partendo dai dati epidemiologici già raccolti dalle Usl, mappa la distribuzione delle malattie sul territorio, per calibrare interventi e risorse sui reali bisogni della popolazione. Una prima scrematura ha suddiviso i 4 milioni di adulti in: sani (1 milione); soggetti che manifestano un solo sintomo di patologie varie (1 milione); cronici sofferenti di due o tre malattie (1 milione) e sono seguiti dai medici di base; non autosufficienti ricoverati in casa di riposo (1 milione); terminali (circa 50mila l’anno). Insomma, siamo tutti già «schedati», quindi al nostro arrivo al Pronto soccorso i medici sapranno già se curarci in ospedale o stabilizzarci e poi indirizzarci al medico di base, all’assistenza domiciliare, a una struttura intermedia o all’Ipab.
Una migliore organizzazione che calcolerà anche i tempi del percorso terapeutico e sarà incorniciata dal sistema informativo elaborato dall’Azienda Zero per mettere a disposizione di cittadini e operatori le informazioni necessarie a consentire una scelta consapevole dei luoghi di cura. «Rispetto al passato, il modello che stiamo disegnando per i prossimi cinque anni si modella su un minor numero di Usl, cioè 9 invece di 21, sui tre Hub regionali e sull’Azienda Zero, la testa amministrativa del sistema — spiega Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità —. Il dibattito sul nuovo piano dev’essere poi incentrato sulla ricerca in materia di malattie rare, voce pesante del bilancio regionale che impone di sostituire cure generiche con terapie personalizzate, sulla cronicità e sulla riorganizzazione dell’assistenza territoriale. La riforma del 2016, che ha appunto ridotto le Usl e introdotto l’Azienda Zero, entra nel nuovo Piano sociosanitario ed è la conclusione del percorso che introdurrà la sanità del futuro». Nella quale la Regione spera di far entrare l’autonomia, utile per esempio ad affidare ad una commissione ad hoc la scelta di farmaci generici da sostituire ai griffati, con notevoli risparmi.