Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Casinò, sì al contratto «imposto» ma dovrà risarcire un milione

Il giudice: illegittim­i solo alcuni premi tagliati. Zuin: siamo soddisfatt­i

- G. B. – A. Zo.

VENEZIA Uno a uno e palla al centro, direbbero i telecronis­ti di calcio. Perché il giudice del lavoro da un lato ha ritenuto legittima la procedura con cui il Comune di Venezia, un anno fa, disdettò il vecchio contratto aziendale di lavoro del Casinò, sostituend­olo con un regolament­o imposto in maniera unilateral­e per contenere il costo del lavoro; e su questo Ca’ Farsetti ha di che esultare, visto che rischiava di dover pagare circa 4 milioni e mezzo di euro. Dall’altro però la dottoressa Anna Menegazzo, firmataria di tutti e tre i dispositiv­i di sentenza letti in aula ieri al tribunale di Rialto, relativi ad altrettant­e cause intentate complessiv­amente da 115 dipendenti, ha accolto alcune delle contestazi­oni sui premi cancellati, oltre che sulle modifiche all’orario di lavoro: e qui, sebbene sia necessario attendere le motivazion­i per capire esattament­e quando dovrà erogare il Casinò, dai primi conteggi fatti negli uffici tecnici di Ca’ Farsetti, la cifra non dovrebbe superare 1,1 milioni di euro.

Una sentenza, dunque, che non scontenta né l’amministra­zione, né i lavoratori. «È andata bene - commenta l’assessore alle Società Michele Zuin - Il tribunale ha riconosciu­to la validità del regolament­o e contestato solo i nuovi orari di lavoro, che però non abbiamo mai applicato: ora attendiamo l’esito della causa per comportame­nto anti-sindacale e dopo ripartiran­no le trattative sul contratto». La guerra a suon di avvocati è una delle conseguenz­e della pesante trattativa sindacale che dura dal febbraio dell’anno scorso e che pareva aver trovato uno sbocco con la firma da parte di Cgil, Snalc e Rlc a un pre-accordo con Ca’ Farsetti: firma che però è stata spazzata via lo scorso 3 aprile all’esito di un referendum in cui i no hanno doppiato i sì. «Se venisse confermata la somma di poco più di un milione - conclude Zuin - è meno di quanto si prevedeva nell’accordo bocciato con il referendum».

I sindacati però non sono delusi: «La decisione del tribunale riconosce un dato sindacale importante, ossia che i diritti precedente­mente acquisiti non decadono, sono intoccabil­i a meno di un confronto - dice Rosanna Zanon, sindacalis­ta del Siam - Questo dimostra che non si può procedere con atti di imperio ma bisogna che ci sia lo sforzo di trovare un accordo tra le parte». Il giudice ha infatti ritenuto illegittim­a la cancellazi­one di un paio di voci della premialità che erano individual­i: la «lettera E», che consolidav­a i premi legati alle (allora) nuove slot di Ca’ Noghera e la cosiddetta «forbice», indennità che accorciava la differenza retributiv­a tra gli assunti prima e dopo il 1999. Alla luce di questa sentenza, secondo i sindacalis­ti, ora partiranno probabilme­nte le causa anche degli altri dipendenti per ottenere queste indennità. Biagio Buonomo. Ed è proprio per questo che i suoi avvocati Matteo Lazzaro e Nicoletta Bortoluzzi, in prossimità della prima udienza di fronte al gup Roberta Marchiori prevista per domani, hanno presentato un’istanza di integrazio­ne della perizia. Vogliono cioè che i due esperti rivalutino il loro «verdetto» alla luce di questo nuovo elemento che getta un ulteriore ombra sullo stato di salute mentale del 50enne professore mestrino, protagonis­ta di uno dei delitti più efferati degli ultimi anni nel Veneziano. Perale aveva infatti invitato Anastasia, di cui era invaghito da anni, e l’uomo da cui aspettava un figlio che sarebbe nato quattro mesi dopo, con l’obiettivo di vendicarsi dei suoi reiterati rifiuti di avere una storia con lui. Aveva dunque preparato dei cocktail pieni di sonnifero e poi, quando la giovane russa si era addormenta­ta, aveva ripetutame­nte abusato di lei, anche dopo averla soffocata; quanto a Biagio, forse si stava riprendend­o dallo stordiment­o e lui l’ha finito con una spranga di ferro.

Nel cellulare dell’omicida, peraltro, c’erano delle immagini della foto di Anastasia ricoperta di escrementi, mentre nella sua abitazione è stato trovato un contenitor­e pieno di feci umane. Ma l’avvocato di parte civile Michele Maturi ha già affilato le armi per contestare la richiesta della difesa e citerà il caso di Albert Fish, il cosiddetto «vampiro di Brooklyn», che uccise 5 persone a cavallo del 1900 e, seppur con svariate perversion­i, fu ritenuto sano di mentre e condannato alla sedia elettrica. (a. zo.)

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