Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Acciaierie, sette sotto inchiesta
Operai travolti dalla colata rovente, indagati anche i dirigenti dell’azienda che costruì il perno
PADOVA Svolta nell’inchiesta sul grave infortunio accaduto domenica scorsa alle Acciaierie Venete. La procura ha indagato sette persone con l’accusa di lesioni gravissime, tra cui Alessandro Banzato, amministratore nonché presidente di Federacciai, e Giorgio Zuccaro, direttore dello stabilimento. Gli altri cinque indagati sono un dirigente della ditta Hyama Tec di Udine e quattro dell’azienda che aveva costruito il perno che ha ceduto, sempre di Udine.
PADOVA Nel giorno dello sciopero collettivo dei metalmeccanici, indetto per oggi, l’inchiesta sul grave incidente sul lavoro alle Acciaierie Venete è a una svolta. La Procura ha indagato sette persone per l’infortunio accaduto nell’azienda nella zona industriale di Padova domenica scorsa, quando quattro operai sono rimasti gravemente feriti per il rovesciamento di una vasca di acciaio incandescente. Le condizioni di tre di loro sono molto gravi, uno invece è fuori pericolo. Tre le ditte coinvolte nell’inchiesta. Per quanto riguarda Acciaierie uno degli indagati per lesioni gravissime è Alessandro Banzato, amministratore nonché presidente di Federacciai. Il secondo è Giorgio Zuccaro, direttore dello stabilimento. Gli altri sono: Vito Nicola Plasmati, legale rappresentante della Hayama Tec di Udine (di cui sono dipendenti Simone Vivian, il ferito dimesso con 15 giorni di prognosi, e David Di Napoli, ricoverato con gravi ustioni a Verona); Giampietro Benedetti, presidente della Danieli spa di Buttrio (Ud), ditta che aveva costruito il perno; Dario Fabbro, legale rappresentante della Danieli di Brescia; Alessandro Trivillin della Danieli di Buttrio; Giacomo Mareschi della Danieli di Buttrio.
I sette sono stati raggiunti da avviso di garanzia firmato dalla Valeria Sanzari, procuratore aggiunto di Padova che sta coordinando le indagini dello Spisal, e potranno nominare un perito che sia presente all’accertamento irripetibile sul macchinario sequestrato. La perizia decisiva verrà conferita mercoledì prossimo a due consulenti della Procura, due docenti di Ingegneria dell’Università di Padova. Dovranno spiegare se nell’utilizzo di quel macchinario siano state rispettate le regole di limitazione dell’impiego (ovvero se il carico fosse troppo elevato o se ci fossero particolari accorgimenti che non sono stati rispettati), se ci sono stati difetti nella produzione, nell’installazione, nella manutenzione. Come pure dovranno verificare il rispetto di tutti i presidi di sicurezza. La caduta di una vasca piena di 90 tonnellate di materiale incandescente è un fattore prevedibile da parte di un’azienda delle dimensioni di Acciaierie? E se lo è, perché agli operai è stato consentito di avvicinarsi tanto da rimanere così gravemente feriti?
Anche le famiglie dei lavoratori infortunati potranno nominare un perito di parte. Le condizioni dei tre dipendenti più gravi non migliorano: continuano ad essere appese a un filo le vite di Marian Bratu, ricoverato al Centro grandi ustionati di Padova, e di Sergiu Todita, in cura all’ospedale Bufalini di Cesena. David Di Natale è a Verona, la moglie Mara Lavinia non lo lascia un istante e al telefono esprime tutta la sua rabbia: «Hanno provato a lavagli via i frammenti d’acciaio conficcati nella pelle, è sotto morfina. In tutte queste ore dall’azienda non si è fatto sentire nessuno, neppure una telefonata». Domenica mattina Mara Lavinia è stata avvisata da un conoscente dell’incidente che aveva coinvolto il marito, nessuno le ha detto in quale ospedale fosse ricoverato, lo ha dovuto scoprire da sola. «Le assicuro che i responsabili di questo disastro pagheranno tutto — aggiunge — mio marito era al lavoro per mantenere la famiglia. Ho sentito che qualcuno parla di cassa integrazione, se lo levino dalla testa».
La scelta della ditta di ricorrere all’ammortizzatore sociale sarebbe motivata dal sequestro dell’impianto e dall’impossibilità di proseguire la produzione.
La Fiom No alla cassa integrazion e, gli operai non devono pagare due volte ma lavorare protetti
«Non ci stiamo — dice Loris Scarpa della Fiom — è assurdo che a pagare siano ancora gli operai. Devono avere il loro stipendio puntuale e intero ogni mese e devono poter lavorare in sicurezza». Stefano Lazzarini, operaio della Fiom, aggiunge: «Ci sarebbe da fare una riflessione anche su questo continuo ricorso all’esternalizzazione del lavoro: due feriti non sono dipendenti di Acciaierie ma di una ditta che lavora da 10 anni per quest’azienda. Un modo per risparmiare e togliersi di dosso responsabilità». Oggi il presidio davanti all’azienda inizierà alle 8, attese centinaia di persone che arriveranno con i pullman all’alba.