Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Via il doppio mandato Zaia furioso coi consiglieri
VENEZIA L’eliminazione del limite al doppio mandato per i consiglieri regionali irrita il governatore che non ha accolto bene il blitz della sua maggioranza. Zaia non sarebbe stato informato dell’emendamento. Un’eliminazione che non coinvolge il presidente della Regione su cui resta, invece, il limite di due mandati consecutivi secondo una norma nazionale che prevale su quella regionale.
VENEZIA L’ira di Zaia (foto) sul consiglio. Il governatore non ha accolto bene l’iniziativa della sua maggioranza che mercoledì, con un blitz, ha eliminato dalla nuova legge elettorale «il limite di due mandati», quello che impediva ai consiglieri di essere eletti a Palazzo Ferro Fini per più di due mandati consecutivi. Zaia non soltanto non era stato coinvolto nella scrittura dell’emendamento, ma neppure ne era stato informato. L’ha saputo dai giornalisti che l’hanno chiamato subito dopo l’approvazione in aula per sapere che ne pensasse, visto che in passato l’argomento era stato uno dei suoi cavalli di battaglia, specie nei confronti del Movimento Cinque Stelle. Un danno (politicamente parlando) che sa di beffa, visto che il limite di due mandati resta invece in vigore proprio per il governatore, su cui pende una norma nazionale che prevale su quella regionale.
È infatti legge 165 del 2004 a stabilire la «non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto». Una norma che è stata recepita in Veneto dallo Statuto e poi dalle legge elettorale approvata nel 2012 (che ne ha lievemente ridimensionato la portata originaria consentendo al Presidente di ricoprire un terzo mandato consecutivo se uno dei due precedenti ha avuto una durata inferiore due anni, sei mesi e un giorno). La stessa legge del 2012 ha quindi esteso identico limite anche agli assessori. Per permettere al governatore di restare a Palazzo Balbi dopo il 2025, anno da cui diventerà efficace il limite, sarebbe quindi necessaria una norma nazionale e non basterebbe un emendamento in consiglio regionale, come era circolato al Ferro Fini mercoledì.
Si può quindi immaginare l’irritazione di Zaia nel sapere che i suoi consiglieri hanno fatto marcia indietro rispetto ai buoni propositi di sei anni fa. Raccontano a Palazzo che Zaia, avvertendo del rischio scivolone, avrebbe chiesto ai suoi di verificare se fosse possibile una repentina marcia indietro. L’ipotesi è stata vagliata e sarebbe stata tecnicamente possibile, intervenendo in una fase successiva all’approvazione definitiva del testo. Politicamente, però, sarebbe stata un’implicita ammissione di colpa, il più classico dei taccon pexo del sbrego. E alla fine non se n’è fatto nulla.
Restano quindi a verbale le critiche partite dall’opposizione: «Una legge malfatta, che non sta in piedi perché non si capisce per quale ragione il limite debba valere per il presidente e gli assessori ma non per i consiglieri – dice Marino Zorzato di Ap – si tratta di un codicillo pensato e scritto nei corridoi, fatto dalla Casta per la Casta». Stefano Fracasso del Pd già pochi minuti dopo il via libera dell’aula era sbottato: «L’eliminazione del limite dei due mandati è un errore perché dieci anni sono un tempo ampiamente sufficiente per dare il proprio contributo nell’istituzione. Volevamo distinguerci da Roma, che proprio la Lega indica come cattivo esempio, dimostrare che non vogliamo auto-riprodurci per anni, ma ora è tutto cancellato».
Infine Simone Scarabel del M5S: «È una presa per i fondelli degli elettori, stanno cambiando le regole del gioco mettendoci un po’ di doping».
A tutti replica il presidente della commissione Affari istituzionali Marino Finozzi, leghista garbato che ha avuto l’onere di mettere la firma in calce all’emendamento ideato dai capigruppo di maggioranza: «In tutta Italia solo noi, con i due mandati, e il Friuli, con tre, abbiamo questo tipo di limitazione, che in ultima analisi si rivela una discriminazione. Una norma che fu voluta nella scorsa legislatura da consiglieri senza più chance di rielezione, per avvelenare i pozzi. Non c’è alcuna perpetuazione nell’incarico, per un semplice motivo: i consiglieri sono eletti a preferenze, quindi è l’elettore che decide se rinnovare o meno la fiducia in loro».