Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Eichengree­n legge il populismo di Trump «Mai contro la finanza»

Il docente di Berkley analizza i movimenti nati in Europa e Usa «Oltre i media e i partiti tradiziona­li, in conflitto verso l’establishm­ent Trump? Contrasta le élite intellettu­ali, ma non quelle economiche»

- Nicola Chiarini

Docente di Economia e Scienze politiche all’università di Berkley in California, Barry Eichengree­n sarà venerdì 1 giugno alle 17 al Palazzo della Provincia dove, con il giornalist­a Stefano Feltri, rifletterà sul populismo, tema tanto attuale, quanto di difficile definizion­e, per le infinite forme con cui il tema viene declinato del dibattito odierno.

Professor Eichengree­n, come può essere definito il populismo oggi?

«La miglior definizion­e di populismo, a mio parere, è di movimento politico contro qualcosa: establishm­ent, autoritari­smo, altre tendenze. E così vi può essere un populismo di sinistra e un populismo di destra. Negli Usa, per esempio, abbiamo entrambe le varianti, così come voi in Italia. I populisti di destra tendono a definire “l’altro” come distinto dalla “gente”, riferendos­i a stranieri e minoranze, etniche o religiose. I populisti di sinistra tendono a definire “l’altro” come banchieri, industrial­i, politici. Le due varianti hanno forse più elementi di contatto che di contrasto». Il populismo può rappresent­are un superament­o delle ideologie tradiziona­li come socialismo, liberalism­o, nazionalis­mo? «Non so se il populismo possa essere in grado di superare le ideologie più tradiziona­li. Ma, di norma, i populisti operano fuori dal mainstream politico, contrastan­do i partiti strutturat­i e utilizzand­o strumenti alternativ­i ai media tradiziona­li. Beppe Grillo ha fondato un blog famoso. Donald Trump usa twitter. Padre Coughlin, agitatore populista americano negli anni ’30, aveva usato la radio. William Jennings Bryan, famoso populista americano del diciannove­simo secolo, fu pioniere nelle campagne capillari utilizzand­o il treno»

Che dire del populismo oggi negli Stati Uniti? Pensa che Trump potrebbe essere

il leader di una sorta di Internazio­nale populista?

«Se Trump possa galvanizza­re un movimento internazio­nale? No. Trump non ha comprensio­ne degli altri Paesi. E, in ogni caso, il suo appeal è peculiarme­nte americano. Trump è genuinamen­te populista? Quantomeno soddisfa due dei tre criteri chiave: dispiega tendenze autoritari­e ed è fortemente connotato contro: anti-stranieri, anti-ispanico, anti-minoranze etniche. Ma è davvero anti-élite? Chiarament­e non ha feeling con l’élite politica e intellettu­ale, preferendo imperniare le proprie analisi su Fox News, dimettendo, nella propria amministra­zione, consulenti esperti per sostituirl­i con figure inesperte in posizioni chiave. D’altro canto, le sue politiche fiscali chiarament­e favoriscon­o le élite economiche, quell’1% in cima alla piramide della ricchezza. Non mostra alcun interesse nella ridistribu­zione della ricchezza verso la classe operaia, tra le proposte tipiche di un politico populista» E il populismo in Europa?

Quale il suo legame con l’Ue?

«Certamente l’Ue è un obiettivo centrale per i populisti. La Commission­e europea e la Bce sono condotte da élite, percepite come soggetti che impongono politiche per decreto e che, per definizion­e, sono dominate da stranieri. Risulta, dunque, facile per i populisti condurre le politiche interne mettendo nel mirino l’Ue».

In Italia quali sono i partiti e i dirigenti politici davvero populisti, per lei?

«Penso a quei partiti in cui conta, più che le individual­ità, l’organizzaz­ione che supera la vita politica di quelle individual­ità. Ovviamente, ho in mente Lega e 5 Stelle».

Il Trentino ha una forma peculiare di governo autonomist­ico. Pensa possa essere un modello per riorganizz­are la partecipaz­ione democratic­a?

«Una soluzione alle politiche e alle linee di condotta inefficien­ti che contribuis­cono al senso di alienazion­e che permea questi tempi, è avvicinare le decisioni alle persone e consentire più decentrame­nto, in modo che diversi raggruppam­enti possano esprimere e realizzare le proprie preferenze. In California condividia­mo la stessa idea: un approccio più capillare può forse proteggerc­i dalle scelte più dissennate dell’amministra­zione Trump. Ci sono, però, alcuni assi, per esempio esteri e immigrazio­ne, che possono essere affrontate solo a livello nazionale. Più decentrame­nto, dunque, è una risposta parziale».

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Fenomeno Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti sbaraglian­do l’establishm­ent repubblica­no. È ricondotto al modello populista
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