Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Fornero: «La mia riforma usata in modo pretestuoso»
L’ex ministro: «I poveri di oggi sono i giovani. Pensione minima? Meglio il reddito minimo»
La sua è stata la riforma più contestata degli ultimi anni. Al centro, più di qualsiasi altro tema, anche della recente campagna elettorale. Ma Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali con il governo Monti, economista e professoressa universitaria (prossima alla pensione), continua a difendere il suo operato. Lo farà anche intervenendo al Festival dell’Economia con due incontri, venerdì 1 giugno, intitolati: «Donne che pensano i robot e disegnano l’economia» e «Abolire la riforma Fornero?».
Professoressa, partiamo dal secondo incontro: quanto costerebbe e quali sarebbero le conseguenze dell’abolizione della sua riforma?
«L’abolizione creerebbe anzitutto dei vuoti normativi e, soprattutto, non cancellerebbe la parte più contestata, ovvero l’adeguamento all’aspettativa di
vita, misura introdotta dal governo Berlusconi nel 2010. Quanto ai numeri, preferisco non farne, ma ricordo a tutti che il sistema pensionistico si regge sul contratto tra le generazioni». Intende dire che i più svantaggiati sarebbero i giovani?
«Certamente, sarebbero loro a pagare gli oneri finanziari di questa scelta. Si dice sempre che mandando in pensione gli anziani, si liberano posti per i giovani, ma è sbagliato. Se l’economia funziona c’è spazio per tutti. Alla luce degli ultimi dati, credo sarebbe meglio investire le decine di miliardi che dovremmo spendere per abolire la riforma Fornero, sull’occupazione giovanile». In che modo?
«I giovani hanno un problema di preparazione scolastica e di formazione professionale e devono essere guidati nel mondo del lavoro. Strumenti come Garanzia Giovani vanno potenziati così come vanno potenziate le agenzie per il lavoro. Poi, potremmo sperimentare il pensionamento graduale ovvero impiegare il lavoratore anziano per 25 ore a settimana e non per 40, facendo subentrare al suo posto un lavoratore più giovane». Una sorta di staffetta generazionale.
«Sì. Questo consentirebbe alle imprese di avere squadre composte da persone di maggiore esperienza e da giovani più rapidi e tecnologici, aumentando la produttività complessiva». E sul piano delle tutele?
«Lo Stato deve farsi carico dei contributi per chi rimane fuori dal mercato del lavoro, attingendo dalla tassazione generale. Questa sarebbe una garanzia
molto maggiore della pensione minima, rispetto alla quale, per altro, io preferisco il reddito minimo. Oggi i veri poveri sono i giovani, non gli anziani».
Resta il fatto che partiti che hanno promesso l’abolizione o la netta revisione della sua riforma, sono quelli che hanno preso più voti alle elezioni. Come se lo spiega?
«Sono stata un facile capro espiatorio per tutti. La mia riforma è stata usata in modo cinico e pretestuoso. In modo vigliacco. Anche sulla questione degli esodati: i salvaguardati alla fine sono meno di 170.000, ma faceva comodo a tutti parlare di più di 360.000 persone. Allo stesso modo, nessuno dice che anche l’Ape sociale e volontaria introdotta dall’ultimo governo è in linea con la mia riforma. E soprattutto, i politici fanno finta di dimenticare che la mia riforma è stata dovuta allo
stallo che loro stessi avevano creato. Lo stesso stallo che hanno riproposto oggi e che potrebbe costringerci a nuove misure d’urgenza».
Sicuramente un’urgenza è il cambiamento che il mercato del lavoro sta affrontando sulle spinte dell’innovazione 4.0. Crede che le tecnologie cannibalizzeranno il lavoro umano?
«La storia ci dimostra che di fronte alle grandi innovazioni, una parte del mondo soffre, ma fermare il progresso è un’illusione. Le perdite saranno solo nel breve periodo, poi ci saranno sviluppo e ricchezza. Dobbiamo, però, dotarci di una vera politica a sostegno dell’innovazione: Calenda ha fatto qualcosa, ma non basta. Occorre poi favorire l’apprendimento costante e implementare le politiche attive. In questo, possiamo prendere esempio da Trento: l’Agenzia per il lavoro è un modello per tutta Italia. Infine, lo Stato deve intervenire per chi è più svantaggiato. E ribadisco: la pensione anticipata non è una risposta, anzi: è mortificante».