Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Via al mini-Mose per salvare San Marco
Partono i lavori per tenere all’asciutto il nartece della Basilica di San Marco. Spesi due milioni, passerelle per fedeli e turisti
VENEZIA Immaginate una grande vasca, solo che al posto della ceramica di un bagno qualsiasi ci sono mosaici e marmi preziosissimi. Una vasca che, fino agli anni Sessanta, quando pioveva tanto e arrivavano quelle alte maree che ancora allagano l’intera piazza San Marco per la gioia di bambini e turisti con gli stivali (o, d’estate, a piedi scalzi), si riempiva di un'acqua che poi ristagnava e doveva essere rimossa con le pompe. La soluzione trovata all’epoca, quella di creare un sistema di scolo, in realtà non ha funzionato bene, perché quelle canalette diventano anche la via di risalita della stessa acqua alta che preme da sotto. Ma ora, dopo anni di discussioni, lunedì sono iniziati davanti alla Basilica di San Marco i lavori per chiudere quelle canalette con cinque valvole che, fatte le dovute proporzioni, impediranno all’acqua della laguna di entrare, così come faranno le paratoie del Mose con quella del mare.
Un’opera che era ormai diventata urgente, perché il nartece, cioè la parte all’ingresso della Basilica, che è anche una delle più basse di tutta la città storica, andata sotto acqua circa 350 volte l’anno. La quota è infatti di 62 centimetri sul livello del medio mare, circa 22 meno della piazza (che è a 84) e ben 48 meno di quel livello di 110 centimetri per cui è previsto l’innalzamento delle paratoie del Mose. Il nartece dunque si allagava anche con acque alte tutt’altro che eccezionali e questo però creava un forte danno a mosaici e marmi. Con questo intervento – realizzato dalla Ecf di Roma (per la parte impiantistica) e dalla Rossi Renzo Costruzioni (per le opere civili), sotto la direzione lavori di Thetis – nell’arco di sei mesi dovrebbe tenere il nartece all’asciutto, perlomeno fino a quando l’acqua non entri dalla piazza: ma secondo i calcoli fatti, su circa 900 ore di allagamenti annui, ne verranno cancellate il 70 per cento.
Il concetto che sta alla base dell’intervento – che nasce da un progetto pensato dai due procuratori di San Marco Pierpaolo Campostrini (direttore del Corila) e Mario Piana (architetto e docente Iuav) e poi regalato al Provveditorato alle opere pubbliche e al Consorzio Venezia Nuova – prevede appunto la chiusura con le valvole di 5 dei cosiddetti «gatoli», cioè i cunicoli che si trovano attorno alla basilica e servono per scaricare l’acqua piovana nel bacino di San Marco. Al di sotto dei mosaici era infatti stata installata una rete collegata a 22 forine di scolo, collegate a un cunicolo di circa 200 metri che corre lungo il perimetro della Basilica e che serve a raccogliere anche le acque piovane. Ovviamente, al contrario, quando arriva l’alta marea, l’acqua risale attraverso i gatoli stessi, ed è per questo che verranno chiusi. Grazie ad alcune pompe, infine, in caso di un mix tra alta marea e pioggia torrenziale, l’acqua defluirà comunque. Verrà inoltre rialzata una parte della pavimentazione antistante a San Marco, oggi troppo bassa, e nel campanile ci sarà la «centrale operativa», con gli apparecchi di comando e le pompe. L’opera costerà complessivamente un paio di milioni di euro.
«Abbiamo fatto un’accurata valutazione delle interferenze tra questi lavori e l’operatività della basilica - dice Piana - e non dovrebbero esserci grossi problemi. In alcune fasi del cantiere sarà solo necessario collocare una passerella per l’ingresso dei turisti e per quello dei fedeli». Una parte dei lavori sarà infatti il restauro dei cunicoli. In questo momento in Basilica sono in corso anche i lavori di restauro delle balaustre della Loggia dei cavalli e di alcuni mosaici