Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Farah liberata, il ritorno a Verona «Adesso non ho più paura»

Portata in Pakistan e costretta ad abortire

- Di Andrea Priante

VERONA Farah è tornata a casa. All’alba di ieri, il suo aereo è atterrato a Malpensa. Prima del decollo, un ultimo saluto all’ambasciato­re Stefano Pontecorvo, che in questi giorni l’ha ospitata a Islamabad dopo aver fatto di tutto per ottenere la sua liberazion­e. «Voglio un futuro con il mio ragazzo e non voglio avere paura», ha detto. E all’idea di restare a vivere in Italia, dove era arrivata bambina e dove abitano ancora i suoi familiari, è sembrata sicura: «Non temo di stare a Verona, non mi sento in pericolo».

Poi il lungo volo. Ad attenderla all’aeroporto c’erano i poliziotti che l’hanno accompagna­ta direttamen­te in questura a Verona. «Sono contenta di essere qui», ha detto. Occhialoni, camicia, pantaloni scuri. «È apparsa stanca, ma sta bene», ha spiegato il Primo Dirigente, Giuseppe Schettino. Gli agenti l’hanno sentita per quasi cinque ore, durante le quali la ventenne avrebbe sostanzial­mente confermato quanto emerso nei giorni scorsi, quando con il telefonino era riuscita a inviare delle richieste d’aiuto al fidanzato e alle compagne di classe. A loro aveva spiegato che i genitori, a febbraio, l’avevano convinta - con la scusa del matrimonio di un parente - a tornare in Pakistan e lì sarebbe stata legata e costretta ad abortire. La studentess­a, infatti, era incinta. Una situazione inaccettab­ile per suo padre, e non solo perchè quel bimbo era stato concepito fuori dal matrimonio ma soprattutt­o perchè il fidanzato è cristiano mentre la famiglia di Farah è musulmana.

La polizia sta vagliando il suo racconto. Purtroppo, è già stata trovata la conferma che la veronese di origini pachistane era incinta a febbraio e che ora non lo è più. Cosa sia accaduto in questi tre mesi, lo stabiliran­no le indagini anche se al momento i fatti riferiti dalla studentess­a - l’ipotesi del sequestro di persona, l’aborto sotto costrizion­e - non riguardano il territorio nazionale, ma il Pakistan, che infatti - ha confermato Pontecorvo - ha già messo sotto inchiesta i genitori. Il padre tornerà il 7 giugno a Verona, dove gestisce alcuni negozi. Ieri, con una telefonata fatta dallo zio di Farah, il Corriere del

Veneto è riuscito a parlarci per alcuni minuti, prima che cadesse la linea. «Mia figlia non è stata costretta ad andare in Pakistan e non l’ho mai tenuta prigionier­a, era felice di partire e di poter festeggiar­e assieme a tutti i suoi parenti. E tanto meno l’ho costretta ad abortire: è una bugia. Quando sono partito per Lahore neppure sapevo che Farah aspettava un figlio. Ha mentito solo per tornare subito in Italia...».

Dopo il lungo incontro in questura, la studentess­a è stata affidata a una struttura del Comune, un luogo «riservato ma non protetto», spiega la polizia, dove sarà libera di muoversi a suo piacimento. Almeno per ora, dicono, non pare necessaria alcuna scorta.

I servizi sociali si sono subito attivati e nella struttura dove si trova, nel tardo pomeriggio ha finalmente rivisto il fidanzato. «Ci siamo abbracciat­i e baciati - racconta il ragazzo - poi abbiamo parlato un po’, sul divano. E lei si è addormenta­ta. L’ho trovata serena, perchè sa che finalmente è al sicuro».

Ieri si è festeggiat­o anche all’istituto Sanmicheli, dove Farah frequenta l’ultimo anno. «Sono stati mesi complicati» ammette una delle compagne di classe che nelle scorse settimane avevano ricevuto i messaggi strazianti della diciannove­nne. Purtroppo non potranno festeggiar­e assieme il conseguime­nto del diploma: Farah non potrà affrontare l’esame di Maturità. Il lungo periodo di assenza e la mancanza di voti nel secondo quadrimest­re sono un ostacolo insormonta­bile. Forse, e solo se dovesse arrivare l’autorizzaz­ione del provvedito­rato regionale, parteciper­à a una sessione speciale a settembre.

Voglio un futuro con il mio ragazzo Qui non mi sento più in pericolo

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