Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Architettura, viaggio a Nordest con il Padiglione Italia
«Èstato un viaggio per scoprire il paese, preso in cura da piccoli e vitali progetti»: così Mario Cucinella racconta il suo Padiglione Italia, inaugurato ieri alla Biennale di Architettura. Ma quasi non riesce a terminare il discorso, sopraffatto dalla commozione: «Chiedo alle istituzioni un impegno: bisogna finire i progetti iniziati, in cui tanti c’hanno messo un senso civico esemplare». Le autorità ci sono: a causa dell’incertezza istituzionale per la prima volta non c’è un ministro, ma è arrivata la seconda carica dello Stato. Il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, raccoglie l’invito di Cucinella e riconosce il ruolo «dell’architettura empatica, che trasforma i cittadini da spettatori a protagonisti».
Benvenuti ad «Arcipelago Italia». Dal pulviscolo di borghi e di pieghe urbane lungo la dorsale alpina e appenninica, il paese è fotografato dai 67 progetti selezionati e suddivisi in 8 itinerari, da nord a sud della penisola, isole comprese. Tutti progetti che si innestano nei «territori interni», per ricucire, rigenerare, costruire con abilità da micro-chirurghi, tanto è fragile e stratificato l’eco-sistema. Paolo Baratta, il presidente della Biennale, è netto: «Un paese deve conoscere sé stesso per assumersi tutta la responsabilità verso un patrimonio consegnato dalla natura e dalla storia».
Prendiamo l’itinerario a Nordest. Qui i curatori hanno compiuto un viaggio in 22 tappe, dalla trentina Comano Terme alla bolzanina San Martino in Passiria, passando per Savogna d’Isonzo e Caorle, fino ad Asiago. In ogni luogo un progetto che ripara o ridà vita, inaspettato, ai luoghi montani o collinari. A Molveno, tra il 2016 e il 2017, a causa dei lavori di manutenzione degli impianti idroelettrici, il Lago era temporaneamente scomparso: Luca Lagash ha realizzato un progetto culturale e d’arte su quella terra nuda emersa, per permettere alla comunità locale di riappropriarsene e sentirsene orgogliosa e non ferita.
A Borca di Cadore da alcuni anni l’ex Villaggio Eni è stato trasformato, grazie al lavoro di Gianluca D’Incà Levis, in una delle piattaforme d’arte più sorprendenti, scommettendo sulla «economia culturale del paesaggio». E poi ci sono le nuove costruzioni: a Freres, sul Brennero, la stazione dei vigili del fuoco ha linee semplici e contemporanee, le facciate ricoperte di pietre dolomitiche e il tutto immerso in una natura vigorosa e sfidante. E così le terrazze panoramiche e le malghe dalle linee sinuose o geometriche che si interrogano sull’artificiale e sul naturale. E ancora: a Villorba, i MADE Associati sono intervenuti per trasformare una villa cinquecentesca in una «Cantina dalle radici BIO», così come l’impresa LAND sta facendo rinascere Ca’ Corniani a Caorle, tra le più estese aziende agricole italiane, nate da una bonifica che ha coinvolto 1700 ettari di terra.
Un intero territorio quasi sconosciuto viene riscoperto e rimesso a valore con un’architettura gentile. Che sia recupero o sia invenzione, che sia pubblica o privata, l’architettura può agire da motore di trasformazione, coniugando sensibilità e raffinata scelta di linguaggi. È il caso della «Casa Nera», abitazione ricoperta di ardesia che una docente dello Iuav, Sara Marini, ha progettato e realizzato assieme al veronese Alberto Bertagna (una cattedra a Genova) in un pendio che guarda il centro storico di Urbania. Un cubo nero eppure pulsante, che vibra alla luce e si mimetizza di notte. Un esempio di come l’architettura possa realizzare oggetti viventi.