Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Allori, lecci, robinie apre il bosco di Venezia: centinaia di visitatori

- di Gloria Bertasi

VENEZIA Lì in fondo, nella punta estrema dell’isola, dagli anni Sessanta, esiste un bosco. Inviolato ed inaccessib­ile, chiuso ai veneziani e a chiunque visiti la Fondazione Cini. Molti non ne conoscevan­o nemmeno l’esistenza, altri lo hanno visto dall’alto quando il teatro Verde era ancora aperto, qualcuno dalla barca o il vaporetto. Da ieri è un via vai continuo, centinaia di persone e non tutte appassiona­te di arte e architettu­ra. Nell’area riaperta dell’isola di San Giorgio, c’è il padiglione della Santa Sede e visitarlo è la «scusa» perfetta per passeggiar­e nel bosco di Venezia, finora incolto e irraggiung­ibile. Tra i luoghi «recuperati» grazie all’occasione-Biennale ci sono anche i due ettari di verde odoroso da esplorare nel silenzio che regala l’isola.

È lì che, tra pini marittimi, allori, bitosfori, lecci e robinie, sono state allestite le dieci cappelle del padiglione, in un percorso di ricerca della spirituali­tà contempora­nea che ha restituito ai veneziani il loro bosco perduto e, adesso, ritrovato.

La sua nascita affonda le radici negli anni Cinquanta, quando, proprio la Fondazione Cini avviò i restauri dell’isola, demolendo piccoli edifici non utilizzati come la caserma e la dogana. «Gli interventi maggiori risalgono a Luigi Vietti (l’architetto famoso in Veneto per le ville e gli edifici realizzati a Cortina, ndr) - spiega Renata Codello, ex soprintend­ente ora direttrice della Fondazione - L’esito di questo lavoro sono i quasi due ettari di bosco finora inviolato». L’area verde infatti è nata con l’imboniment­o successivo degli anni Sessanta, fatto con i detriti delle demolizion­i, ultimo tassello degli interventi di restauro. I due ettari, frutto di imboniment­o, sono stati realizzati con latterizzi su cui è stato sistemato un metro di terra e, sopra, le piante. Poi, la natura ha fatto il suo corso e il risultato è un angolo di pace e di verde a una sola fermata di vaporetto dal caos di piazza San Marco. «Questo bosco - continua Codello - si è presentato come luogo ideale per le dieci cappelle della Santa Sede, qui regnano il silenzio e la natura tra cielo e acqua». Per allestire il padiglione è stato necessario «restaurare» il bosco. Il lavoro è partito lo scorso febbraio dopo un’analisi all’apparato radicale alle piante, per verificarn­e salute e tenuta. Quindi, agli architetti coinvolti nel progetto è stato chiesto di realizzare strutture che si amalgamass­ero nel bosco, in materiali semplici. «Non è stato usato cemento», aggiunge la direttrice. A metà maggio, il lavoro di sistemazio­ne è stato ultimato, in tempo per adeguare i percorsi pedonale, introdurre un nuovo sistema di illuminazi­one e altri alberi. L’ingresso al bosco è gratuito e lo sarà fino al termine della Biennale architettu­ra il prossimo 25 novembre ma l’obiettivo è non chiuderlo più. Le dieci cappelle sono state studiate proprio per quell’area e la Santa sede spera di lasciarle lì, quale omaggio all’isola e alla città. «Tutto è stato lasciato alla sua naturalità», conclude Codello.

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Santa Sede L’area del padiglione

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