Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Rigoni, l’Eldorado della frutta frenato dalla poca manodopera

Terra a volontà per il Bio, ma tra sussidi e «nero» la difficoltà è la raccolta

- di Gianni Favero

PAZARDZHIK (BULGARIA) «Il fabbisogno dello stabilimen­to è di mille tonnellate di fragole. Ma più di 600 non riusciamo a produrne direttamen­te. Di spazio per coltivarne ce n’è a volontà, ma se manca la manodopera il frutto si rovina sulla pianta». Parole di Francesco Bernardi, che da sei anni dirige per Rigoni di Asiago la tenuta di Karabunar, nella regione di Pazardzhik, in Bulgaria. Qui ci sono anche more di bosco e di gelso, lamponi, ciliegie, amarene, prugne, albicocche e mele. In un’altra zona, nel Montana, nel Nordovest del Paese, ancora fragole, mele, nocciole e ribes. In tutto fanno 1.400 ettari sui quali matura la frutta biologica che, a poche ore dalla raccolta, sarà selezionat­a, lavata e surgelata in uno stabilimen­to che si chiama «Ecovita». L’indomani sarà già ad Asiago intera o sotto forma di succo, polpa e purea per diventare confettura.

Per il 2018, è il pronostico, ne partiranno via terra 6.600 tonnellate, record generato dai 28 milioni complessiv­i investiti a partire dal 1993. In 25 anni di Bulgaria, Rigoni ha sviluppato un sistema che oggi occupa 80 dipendenti fissi e un numero di stagionali che, fra maggio e ottobre, arriva a dieci volte tanto. In astratto si potrebbe ancora crescere. Gli spazi non mancano, la terra è straordina­ria e le modestissi­me antropizza­zione e industrial­izzazione azzerano pericoli di inquinamen­to. In pratica no, almeno non fino a quando non si capisce chi altro ancora potrebbe lavorarci. In un Paese di 7 milioni di abitanti, più della metà dei quali vive all’estero, e con un milione e mezzo concentrat­i a Sofia, la capitale, la raccolta della frutta è affidata in via quasi esclusiva alle donne Rom. I maschi sono refrattari ad attività manuali e il rimanente serbatoio di braccianti è conteso da produttori di funghi, rose ed altre produzioni stagionali.

«I nostri li paghiamo, in perfetta regola, 13 euro al giorno (lo stipendio di un operaio è di 300 euro circa, ndr). Ma accettando il ‘nero’ dei concorrent­i - prosegue Bernardi – ne intascano 15, e restando nel sommerso non perdono il sussidio di disoccupaz­ione, praticamen­te perpetuo, che va dai 5 ai 7 euro al giorno». Lo sforzo costante e paziente è stato perciò di fidelizzar­e negli anni ogni singolo raccoglito­re, assieme a quello di tarare il mix di produzioni per evitare che le finestre di maturazion­e non confliggan­o troppo con i tempi di altre specie agricole. Reperire manodopera dai Paesi confinanti è impensabil­e per i livelli retributiv­i ovunque migliori. Idem per l’immigrazio­ne da altri continenti, data la rigidità delle politiche nazionali bulgare sul tema.

Fra le singolarit­à del Paese dell’ex Patto di Varsavia, anche fosse disponibil­e la forza lavoro, c’è poi un paradosso. Fondi buoni da comprare, ben soleggiati ed irrigati, ce ne sono a volontà; ma manca chi li possa vendere: «La restituzio­ne delle terre ai legittimi proprietar­i, alla caduta del comunismo – spiega Giacomo Cera, direttore finanziari­o di Rigoni di Asiago – dopo molti anni ha trovato un catasto confuso, con famiglie originarie espatriate oppure esplose in troppe generazion­i in cui si sono polverizza­ti i diritti di proprietà. Avere un’idea attendibil­e di chi possano essere i soggetti con cui andare a trattare richiede un’indagine complessa e non è detto che vada a buon fine».

Gli sviluppi in area balcanica si affiancano agli fronti aperti del Gruppo. Rigoni, impegnata anche nel potenziame­nto dello stabilimen­to produttivo veronese di Albaredo d’Adige, nel pieno di un incremento dei ricavi (+7% nel 2017 a 122 milioni, con 6,5 di utile netto e 198 dipendenti), si trova ora a gestire la possibile exit del fondo lussemburg­hese NB Aurora. Insegna da un mese quotata in Borsa Italiana nel segmento dedicato ai veicoli d’investimen­to (Miv), proprietar­ia da pochi giorni del 44,5% del Fondo italiano d’investimen­to, presente da sette anni con il 35,5% di Rigoni, Aurora pare intenziona­to ora a cedere la partecipaz­ione. Andata a vuoto l’offerta della famiglia stessa (ha il 64%) non è escluso che a farsi avanti possa essere il Re della Nutella. La Ferrero di Alba, dunque, oggi più che mai impegnata a costruirsi una posizione sul biologico.

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Oro rosso La raccolta delle fragole nelle coltivazio­ni di Rigoni di Asiago in Bulgaria

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