Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Tomas Ress ha detto stop «Vi racconto i segreti di vent’anni di carriera»

Il campione a 38 anni lascia il basket giocato «Ma resto a Venezia, vedremo in che ruolo» Dalla pizzeria di papà agli scudetti passando per gli Usa: «Lì capii che non ero nessuno»

- di Daniele Rea

È il 23 giugno 2014, ore 22,45 minuto VENEZIA più minuto meno. Gara5 della finale scudetto tra Olimpia Milano e Mps Siena e i toscani di Marco Crespi, che di titoli ne hanno già infilati sette consecutiv­i, stanno 3-2 dopo aver sbancato il Forum di Assago.

I giocatori, che ti pare, festeggian­o. Dal fondo parte uno spilungone alto come un palo della luce, i capelli brizzolati e il viso scavato, segnato come uno dei santi dipinti da El Greco. Lui è il capitano, li raccoglie uno a uno come scolari dispettosi finita la ricreazion­e e gli urla in faccia: «Don’t celebrate! Don’t celebrate!». Non festeggiat­e, ché dopodomani si rigioca, torniamo nel nostro palasport e se vinciamo lo scudo sarà nostro. Sì, se vinciamo, appunto. Certe cose te le senti. Siena perderà sia gara 6 che la bella e il titolo andrà ad arricchire la bacheca di Milano. Ecco, quello spilungone dagli occhi che fiammeggia­no è Tomas Ress e questo affresco fa capire meglio di centomila parole cosa sia stato per il basket il lungo di Salorno, bassa Atesina, 38 anni da compiere e l’ultima partita della carriera giocata giovedì sera, a Trento, con la sua Reyer. La musica è finita, lo scudetto è andato, il Leone orogranata non difenderà il titolo conquistat­o proprio al PalaTrento dodici mesi fa. E Ress lascia. Lascia dopo 622 partite in serie A e 2.166 punti a segno con 160 partite di Eurolega e 32 presenze in Nazionale. Otto scudetti, sei Supercoppe, cinque Coppe Italia, una Europe Cup. Tomas lascia perché 38 anni sono abbastanza per capire che, forse, non ci sarà più tempo per avere un posto in spogliatoi­o con il proprio nome sullo stipetto. E perché il fisico, provato da mille battaglie, ha bussato chiedendo un bel time out. Niente allenament­i, trasferte, partite, massaggi, video sedute e schemi da fare e rifare cento volte. Insomma, una seconda vita.

Tomas, da dove partire? Dall’ultima partita contro l’Aquila Trento? «Una partita che resterà dentro, perché è stata l’ultima. Mi sarebbe piaciuto andare avanti, magari provare a vincere un altro scudetto. Ma è andata così, alla fine nello sport c’è solo uno che vince».

Ma la stagione della Reyer non si può certo definire negativa, tirando le somme...

«Direi di no, abbiamo vinto una Coppa europea, abbiamo chiuso primi in stagione regolare, la stagione è stata più che buona. Resta un po’ di rammarico, quello sì».

Cosa vi è mancato in quella semifinale?

«Forse un pizzico di convinzion­e in più. Sapevamo cosa aspettarci con Trento ma non siamo stati in grado di adeguarci alla loro fisicità. E abbiamo pagato».

Finale Milano-Trento: cosa dovrà fare l’Aquila per battere la squadra di Pianigiani?

«Dovrà giocare come ha fatto con noi, con aggressivi­tà e pressione per 40 minuti. Non dovranno snaturarsi. Gli mancherà Flaccadori quindi tutti dovranno dare più del 100%».

Vent’anni di basket, da Bologna agli Usa a Siena fino a Venezia: cosa passa per la mente a un diciottenn­e di Salorno che parte per gli Stati Uniti?

«Prima di tutto: ma dove sono capitato? Il mio agente all’epoca mi disse che la mia era una scelta dettata per il 94% da stupidità e per il 6% da coraggio. Alla fine però è servito». Come uomo o atleta?

«Tutti e due. Parlavo un inglese ridicolo, mi sono dovuto arrangiare. Già a 14 anni ero partito per Bologna, nella Virtus, ma gli Stati Uniti mi hanno insegnato tanto: sacrificio, etica del lavoro, rigore, applicazio­ne». Insomma, tutto da imparare in fretta... «Pensavo di essere già qualcuno, ho capito che ero nessuno. Ho imparato e ho copiato. E ho dovuto copiare bene. Guardavo gli altri e ho preso qualcosa da tutti, compagni di squadra a coach. Un bagaglio che ho riportato in Italia, più maturo e consapevol­e».

Etica e disciplina, marchio di fabbrica di una vita sul parquet. Da chi arrivano?

«Qualcosa di sicuro avevo dentro ma il rigore l’ho appreso dai miei genitori. A 26 anni mio padre aprì la seconda pizzeria in tutta la bassa Atesina, rischiando ma credendo fermamente in quello che faceva. Un esempio che ho sempre fissato per raggiunger­e un obiettivo».

Se chiudi gli occhi qual è la prima immagine che ti appare della tua carriera?

«A Pesaro, con Crespi, avevo 24 anni. A Barcellona in Eurolega chiamò time out e mi ricoprì di rimproveri per un errore non mio. Lo mandai a quel paese. Il giorno dopo ci chiarimmo e mi disse: “Se lo fai ancora finisci in fondo alla panchina e non ti rialzi più. Però intanto dalla prossima volta tu parti in quintetto”. E fu così».

Quattro stagioni a Venezia: cosa pensi di aver portato in laguna?

«La mia esperienza e la mentalità vincente che ho appreso negli anni di Siena. Infatti lo scudetto vinto con la Reyer è quello che sento più mio, alla fine. La società è molto seria e solida, di strada ne ha fatta tanta e tanta ne può fare».

Come ti vedi adesso, da fuori? «Semplice: non mi vedo. Mi sento ancora un giocatore. Forse a settembre riuscirò a realizzare quello che sta succedendo».

Avrai finalmente più tempo da dedicare a tua moglie e ai vostri figli...

«Se metterò, come penso, la mia etica del lavoro anche nella nuova attività, temo che il tempo sarà anche meno...»

L’idea è restare nell’ambiente?

«Sì. Resterò a Venezia, ne abbiamo già parlato, vedremo in che ruolo. Un domani mi piacerebbe allenare, magari i ragazzi. Trasmetter­e quello che ho mi sembra il modo migliore per continuare il cammino».

Ress e il basket: più dato o ricevuto? «Ricevuto, è fuori di dubbio... Adesso, slacciate per sempre le scarpe, è il momento della restituzio­ne».

L’inizio A 24 anni mandai a quel paese coach Crespi. Il giorno dopo mi chiamò e mi disse: «Se lo rifai finisci in panchina e non ti rialzi più»

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Tomas Ress, 38 anni, 211cm altoatesin­o, ha chiuso la carriera a Venezia. Lascia dopo 622 partite in serie A e 2.166 punti con 160 partite di Eurolega e 32 presenze in Nazionale.
Campione Tomas Ress, 38 anni, 211cm altoatesin­o, ha chiuso la carriera a Venezia. Lascia dopo 622 partite in serie A e 2.166 punti con 160 partite di Eurolega e 32 presenze in Nazionale.

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