Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Scrittori, Paesi e libri Le mete della lettura

- Francesco Chiamulera

I libri di viaggio sono una delle cose più problemati­che dell’intero universo della lettura. Sono pericolosi. E’ così invitante l’idea di portarseli dietro prima di visitare gli stessi luoghi in cui è stato uno scrittore che amiamo, che puntualmen­te finiscono in valigia. E se è vero che un viaggio comincia prima che si parta, ovvero quando si inizia a programmar­e le mete, essi contribuis­cono in modo splendido alla costruzion­e dell’immaginari­o, alle aspettativ­e e alle illusioni della partenza. Ma appena si mettono in contatto i libri con la realtà, appena si scatena il fantastico cortocircu­ito, cominciano i problemi. Per esempio: come non farsi sedurre da quel viaggiator­e assoluto, globale, curioso che fu Pierre Loti, e quando si va a Istanbul, al Cairo, in Marocco, non portarsi dietro uno dei suoi libri nelle sontuose edizioni di Excelsior o di Tarka, con gli arabeschi e i bianconeri in copertina, e con un senso magnifico di orientalis­mo seguire Loti da Tangeri a Fez, immaginand­o di stare su quella carovana che lo portò in mezzo al deserto nel lontanissi­mo 1886? Ma come non restare perplessi, se non delusi, quando si arriva a Fez in autostrada, si lascia la macchina in uno dei parcheggi disposti a corona lungo le antiche mura, e si scopre che la Medina in cui Loti dovette indossare un costume da arabo,

«indispensa­bile per circolare in libertà», quella stessa Medina «lugubre labirinto di piccole strade oscure» adesso è una specie di Venezia del Marocco, sempre affascinan­te ma purtroppo tutta invasa di souvenir plasticati, di turisti olandesi e britannici e giapponesi, dove anche quello che sembra «tipico», dai tappeti alle babbucce, non lo è mai davvero? Oppure: viaggiare su quelle stesse strade marocchine percorse da Fernanda Pivano, («Viaggi ad alta voce», Bompiani), che raccontò di quella volta in cui l’auto su cui viaggiava con Ettore Sottsass restò bloccata in una tormenta di neve al passo di Tizi n’Tichka, e scoprire che ora è uno stradone tranquillo a cui stanno aggiungend­o corsie, che la carreggiat­a è sicura e facile come un passo delle Alpi? Quest’ultimo aspetto può anche essere piacevole. Ma cosa dire al viaggiator­e che sperasse di ritrovare in un odierno viaggio in Myanmar il sonnecchia­nte paese coloniale che Orwell narrò in «Giorni in Birmania»? Non ultimo, il vero problema dei libri di viaggio in viaggio, è in realtà il tempo. Quando leggerli, questi libri? Come trovare l’occasione di seguire davvero quello che raccontano, mentre si sta girando per una città che non si conosce? Il consiglio è di leggerli prima e dopo, mai durante, il proprio viaggio. E allora, forse, sarà come ha scritto Umberto Eco: e non si sarà vissuta una sola vita, ma molte vite. Non si sarà compiuto un solo viaggio, ma moltissimi viaggi.

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