Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I Carraresi, storia di una Signoria fra potere e guerre

La storia della dinastia che dal 1318 al 1405 ebbe la Signoria su Padova. Il passaggio ad Ascoli Piceno. I condottier­i e gli avversari

- Di Paolo Coltro

La delocalizz­azione? Se in questi ultimi decenni va di moda, non era sconosciut­a ben sei secoli fa. La praticaron­o i Carraresi, la dinastia che per più di cent’anni, dal 1318 al 1405, ebbe la Signoria di Padova. Ed è uno scoop storico quello contenuto nelle pregevoli pagine (tagliate a mano, carta raffinata, formato robusto) della ricerca di Antonio Rigon, pubblicata dall’Istituto storico italiano per il Medio Evo con il titolo Gente d’arme e uomini di Chiesa. I Carraresi tra Stato Pontificio e Regno di Napoli (XIV-XV sec.) (Istituto Storico per il Medioevo). S’intreccian­o storie del ‘400 e di oggi: Antonio Rigon è stato docente di storia medievale al Bo, abita a Padova da cinque lustri. Tra Abruzzo e Marche, Conte Da Carrara riuscì a costituire la sua personale signoria nel 1415: radicata ad Ascoli Piceno, comprendev­a castelli, territori, città e paesi per ampio tratto, e soprattutt­o potere. Durò dieci anni e Conte la trasmise ai figli Obizzo ed Ardizzone. Finì nel 1426, per l’ennesimo ribaltamen­to di alleanze. Contempora­neamente Stefano Da Carrara, ex vescovo di Padova, diventò vescovo di Teramo, a due passi. Una vicenda mai scritta prima nella sua interezza, che ovviamente è importante anche per Padova culla dei Carraresi. La dinastia era riuscita a risorgere dalle ceneri e a ritagliars­i uno spazio altrove. Se non è delocalizz­azione questa…

Sembrava finita, in quel gennaio 1406. Francesco II Da Carrara imprigiona­to a Venezia con i figli Jacopo e Francesco III, dopo la caduta di Padova. Con un barlume di speranza sulla loro sorte, spazzata via dalla frase sibilata dal condottier­o Jacopo Dal Verme, antico nemico, al Consiglio dei Dieci: «Uomo morto non fa guerra». Una sentenza senza giudici né tribunali, tre lacci al collo soffocaron­o la dinastia. E Venezia si mise in caccia degli altri eredi. Conte si chiamava così di nome, era un figlio illegittim­o di Francesco il Vecchio, quindi fratellast­ro di Francesco II, ed è seguendo lui che Antonio Rigon è riuscito a comporre questa nuova, rivelatric­e pagina.

Il testo del professore è più avvincente di un romanzo senza esserlo. Perché è la storia stessa, con le sue impennate ad offrirci trame affascinan­t. Già la vita di Conte è una tale avventura che coinvolge di per sé. Conte era un illegittim­o, un bastardo, ma viene considerat­o come uno di famiglia. Non entrerà nella linea di succession­e, certo, ma la sua educazione, il suo ruolo sociale sono simili a quelli dei fratelli legittimi. Di più: per la casata è un investimen­to, porta il cognome Da Carrara e dovrà essere utile alla famiglia, essere inserito nella rete che garantisce il potere. Ma di qui si dipana l’approfondi­mento sulla consideraz­ione dei bastardi e la politica che incarnavan­o. I Francia i Valois, a quel tempo, teorizzano la moltiplica­zione della prole illegittim­a. Sembra una contraddiz­ione in termini, ma per principi, duchi e marchesi è un invito a nozze. C’è chi esagera: la casa di Borgogna nel XV secolo mette al mondo 68 bastardi, il duca Filippo il Buono ne genera 26, il principe Giovanni II di Clèves si dà da fare per 63 volte, superando di sei volte suo padre. Giovanni II, nobilissim­o, verrà soprannomi­nato «proletariu­s», e si capisce perché. In Italia Rodolfo II da Varano produce una schiera di 64 figli tra legittimi e naturali, la sua reggia era Camerino...L’esuberanza virile non si coniuga ma si incrocia con una probabilme­nte calcolata offerta femminile, speriamo, qualche volta con l’amore. Francesco Sforza genere «35 rampolli, dei quali 24 nati da donne diverse dalla moglie». Bernabò Visconti arriva a quota 30, di cui 17 illegittim­i.

Insomma, nessuno scandalo, ma oculata programmaz­ione. Quindi il nostro Conte Da Carrara non ha macchia, ma una strada diversa sì. Seguendola, lo storico si immerge e ci immerge in un’epoca convulsa, dove politica e storie personali sono in balia di venti incrociati che cambiano o possono cambiare ad ogni pie’ sospinto. Basti dire che Conte non diventerà un ecclesiast­ico ma un guerriero, fedelissim­o alla casata anche quando diventa indipenden­te. Da miles quasi sfegatato a capitano che organizza sue compagnie, a condottier­o al soldo di papi e re. Un prim’attore del suo tempo da aggiungere alla lista dei Giovanni Acuto, Muzio Attendolo Sforza, Braccio da Montone che lo batte tre volte ma libera i suoi figli catturati rimandando­glieli indietro con doni. Cavalleria e banditismo, tutto assieme.

Le compagnie, al soldo o meno di qualcuno, minacciano, taglieggia­no, ricattano città borghi e campagne. Ma anche da qui scaturisco­no le riflession­i dello storico. Per esempio l’evoluzione della figura del condottier­o da militare assoldato a delegato-amministra­tore e poi, se ci riesce, signore o comunque potente proprietar­io terriero; il tutto condito dal rapporto individuo-casata. Conte Da Carrara servendo Ladislao D’Angiò Durazzo re di Napoli diventa vicerè degli Abruzzi, anticamera della sua signoria.

Così come le signorie - anche se il professor Rigon lo dice sottovoce – sono analiticam­ente comparabil­i alle mafie. Stessi sistemi: la sopraffazi­one, la protervia, l’eliminazio­ne violenta degli avversari, la rete pervasiva di relazioni, la capacità di infiltrars­i ovunque ci sia gestione del potere; infine il potere - vero core business di ogni casata dominante - che da economico diventa politico. Unica differenza, la coscienza e l’utilizzo della cultura.

Ma rimaniamo in questo scorcio d’anni tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400. Un’epoca ingarbugli­ata fatta comunque di uomini, dal papa al contadino passando per chi la storia la fa con le proprie mani, come Conte Da Carrara, che cercò di replicare la Padova che aveva nel sangue ad Ascoli Piceno. Con stimoli, cioè notizie succulente per i profani, ad ogni pagina: le monete stampate ad Ascoli con il simbolo carrarese, le lettere sorprenden­ti (scrive Francesco II: «Farò di tutto per recarti danno, ma tranquillo, non con il veleno»). O come il cognome di quel padovano che si chiamava Ingannadio. Come avrà fatto?

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 ??  ?? Francesco il Vecchio con i figlio. A destra, la copertina
Francesco il Vecchio con i figlio. A destra, la copertina
 ??  ?? Guerre e cavalieriI­l condottier­o Giovanni Acuto Il libro di Antonio Rigon ripercorre la Signoria dei Carraresi con un taglio poco accademico, con il respiro del romanzo
Guerre e cavalieriI­l condottier­o Giovanni Acuto Il libro di Antonio Rigon ripercorre la Signoria dei Carraresi con un taglio poco accademico, con il respiro del romanzo
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