Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Onda leghista, flop 5 Stelle
Il Carroccio trascina il trionfo di Conte a Treviso e Rucco a Vicenza. Testa a testa a San Donà. Il Pd: paghiamo il conto
VENEZIA La Lega sbanca e trascina la vittoria al primo turno. A Treviso il leghista Mario Conte batte con il 54,48% l’uscente Giovanni Manildo del centrosinistra. A Vicenza il candidato del centrodestra Francesco Rucco sconfigge con il 50,6% Otello Dalla Rosa (centrosinistra). Testa a testa a San Donà.
VENEZIA Si può arginare il mare? Si può fermare lo tsunami leghista che si è alzato il 4 marzo, si è abbattuto domenica sui Comuni e chissà che altro travolgerà nei mesi a venire? Nel centrosinistra, ridotto ormai alla resistenza di trincea (Piove di Sacco, Adria, San Donà e Martellago, poco altro), se lo chiedono sconsolati e si rispondono che no, non si può combattere lo spirito dei tempi. «Paghiamo un conto salato al clima politico nazionale» allarga le braccia il capogruppo dem in Regione Stefano Fracasso, impartendo l’autoassoluzione ai suoi mentre cadono Treviso, dove Giovanni Manildo annuncia il ritiro dalla politica, e Vicenza, per dieci anni roccaforte di Achille Variati. Il Carroccio è il motore rombante del centrodestra o meglio, è il centrodestra visto che Forza Italia si risveglia con percentuali da lista civica di contorno. Sempre meglio del Movimento Cinque Stelle, comunque, un caso da manuali di politologia: mai si era visto prima nell’intero globo terracqueo un partito primo a livello nazionale e ultimo a livello locale. Tutto, comunque, accadde nel disinteresse generale: l’affluenza, infatti, precipita ancora e non può essere soltanto colpa del sole e del mare. Evitando confronti impropri con le Politiche, quando votò il 77% degli aventi diritto, a Vicenza l’affluenza è al 55,8% (62,6% cinque anni fa), a Treviso al 59,1% (contro il 63,2%), a San Donà al 57,5% (contro il 64,7%). Davvero poca roba se si pensa che il Comune è la politica più vicina a noi.
Lega pigliatutto
La Lega è dunque la grande vincitrice di questa tornata nei municipi. Il suo campione è Mario Conte, il nuovo sindaco di Treviso che ha sonoramente battuto al primo turno l’uscente Giovanni Manildo, la cui esperienza a Ca’ Sugana può considerarsi a questo punto un inciampo della Storia (e se dopo 5 anni si finisce sconfitti col 37,6% certo occorre una riflessione profonda): la città è stata leghista dal 1994 al 2013 e Conte l’ha riportata alla sua «normalità», è l’uomo della Restaurazione. Merito della sua lista, che piglia il 15%; meno della lista Zaia-Gentilini, che perde la sfida interna arrivando all’11% (quasi tutti voti dei «gentiliniani» un segnale per il governatore); ma soprattutto della Lega che schizza dall’8,2% di cinque anni fa al 19,5%. E sempre la Lega è la protagonista della vittoria a Vicenza di Francesco Rucco su Otello Dalla Rosa del Pd. La civica di Rucco, è vero, registra uno strabiliante 24,5% ed è il primo partito in città ma gli uomini di Salvini possono ascriversi comunque due meriti essenziali: il primo, numerico, è di essere decollati - anche qui - dal 4,6% al 15,9%; il secondo, politico, è di essere stati il grimaldello capace di scardinare la (debole) candidatura di Fabio Mantovani messa a punto da Forza Italia costringendo tutto il centrodestra a compattarsi su Rucco, uomo «di destra» considerato fino a sei mesi fa un outsider. Non solo: la Lega, potenza del simbolo sapientemente coltivato da Salvini (quanto avrà inciso la chiusura dei porti ai migranti nel giorno del voto?), triplica i suoi consensi pure a San Donà, dove passa dal 5,8% al 19,4% portando Francesca Pilla al ballottaggio contro l’uscente dem Andrea Cereser, a scapito di Oliviero Leo, candidato da Forza Italia e dall’ex sindaco Francesca Zaccariotto, arenatosi al 12,6%. Ora, la somma algebrica dice che anche in riva al Piave, se non avessero litigato, il centrodestra avrebbe potuto farcela al primo turno (Pilla più Leo fa il 48,8%) e non è affatto detto che tra due settimane la frattura si sarà ricomponga.
Forza Italia addio
Di pari passo, si assottiglia fin quasi a sparire Forza Italia, dove cresce la voglia matta del partito unico col Carroccio: a Treviso passa dal 5,4% al 3,7%; a Vicenza, dove tradizionalmente è sempre stata più forte degli alleati, si dissangua dal 10,5% al 5,3% (Silvio Giovine, il delfino dell’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan, è un caso emblematico: al partito ha preferito la civica di Rucco ed è stato il più votato di tutta la coalizione); a San Donà precipita dal 13,4% al 3,3%, con un effetto travaso a saldo zero con le civiche di Leo (5,3%) e Zaccariotto (4,2%). «La forza della Lega è di aver sempre creduto nelle amministrazioni locali - rigira il dito nella piaga Zaia - la forza di un partito viene dal governo del territorio, il partito leggero non funziona. I cittadini vogliono i fatti e i Comuni sono il banco di prova».
Il caso M5S
Una riflessione valida più che mai per i Cinque Stelle, che vivono sul Blog e su Rousseau ma non in paesi e città. A Vicenza, si sa, manco si erano presentati perché l’etereo Staff, alla vigilia del deposito delle liste, non aveva concesso il simbolo. «I loro voti, secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo, sono andati al centrodestra spiega Giovanni Diamanti di Quorum -. Questo perché l’elettorato, migliaia di persone, è cosa ben diversa dalla base, un centinaio di attivisti che aveva invece dato esplicita indicazione di voto per il centrosinistra». A Treviso il M5S si ferma al 4,1%, facendo peggio di 5 anni fa (6,8%), lasciamo perdere il 4 marzo (erano al 20,1%!); stessa musica a San Donà, dove il risultato è incredibilmente lo stesso del 2013 alla virgola (6,2%), lontano anni luce dal 23,9% delle Politiche. Sul territorio, insomma, si torna al vecchio bipolarismo centrodestra centrosinistra e aduna sorta di «ballottaggio al primo turno».
Resistenza dem
Infine, il Pd: non sta bene ma è vivo. Paga l’assenza di linea politica, il declino di Renzi e le difficoltà dei nuovi leader ad imporsi (errore drammatico se ci si deve confrontare ogni giorno con Salvini e Di Maio) ma Vicenza e Treviso non si possono leggere con gli stessi occhiali. Nella prima la sconfitta è di misura e nasce anche dalla fisiologica voglia di cambiamento post Variati. Nella seconda è stato invece bocciato un modello di amministrazione, come testimonia il risultato modesto non solo del sindaco uscente ma anche dei suoi assessori. «Manildo non aveva fatto male - concede Piergiorgio Paladin di Ideeuropee, stratega della campagna di Conte - ma gli è mancata l’empatia con i cittadini. Veniva percepito come distante mentre Conte, assai meno conosciuto all’inizio, a fine corsa era più popolare, nelle strade e sui social». Dopo la conquista di Piove di Sacco, ora gli occhi dei dem sono puntati sui ballottaggi di San Donà, Adria e Martellago: balsamo lenitivo sulle sconfitte che bruciano.
Luca Zaia La forza di un partito viene dal territorio, il partito leggero non funziona. I cittadini vogliono fatti e i Comuni sono il banco di prova