Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il Veneto cresce ma perde cervelli
Secondo Bankitalia bene Pil, produttività, investimenti e ricchezza. Ma i laureati vanno via
VENEZIA Nel corso del 2017, in Veneto, la crescita si è consolidata, sono migliorati la produttività e gli investimenti, la ricchezza netta delle famiglie è arrivata alla sbalorditiva cifra di 872 miliardi (è aumentata del 3% negli anni della crisi). Torna la luce perfino nel settore creditizio, visto che per la prima volta da 5 anni si registra un incremento del 2% degli impieghi bancari. Eppure, l’annuale report di Bankitalia lancia un allarme: il Veneto, dove già storicamente la quota di popolazione in possesso della laurea è più bassa rispetto al resto del Paese, negli ultimi anni ha patito un deflusso netto di laureati pari all’1,4%. Parliamo di 5.600 giovani.
VENEZIA Le contraddizioni di un Veneto che si gode il quarto anno consecutivo di crescita economica, stanno racchiuse in questa brutale sintesi: si rafforzano praticamente tutti gli indicatori, eccezion fatta per quelli che riguardano l’investimento forse più prezioso, il capitale umano.
La fotografia scattata dal rapporto periodico curato dalla sede regionale della Banca d’Italia sullo stato dell’economia nel Veneto, ci restituisce, infatti, questa immagine: nel corso del 2017 la crescita si è consolidata, il trend di miglioramento è esteso a tutti i comparti dell’industria manifatturiera, brillano la produttività delle imprese e gli investimenti, si registrano tassi di (pallido) incremento persino nel martoriato settore delle costruzioni, che veniva da un decennio di profonda recessione; la ricchezza netta delle famiglie venete ammonta (dato del 2016) alla sbalorditiva cifra di 872 miliardi ed è pure aumentata di un 3% negli anni della crisi più nera; addirittura, si comincia a vedere una «luce nuova» - la definizione è del direttore della sede veneziana di Bankitalia, Paolo Ciucci - nel settore creditizio, poiché «per la prima volta da 5 anni - sottolinea Ciucci - si registra un incremento del 2% degli impieghi bancari». Eppure...
Eppure, un focus specifico del rapporto di Bankitalia, dedicato alla mobilità dei laureati, scoperchia una debolezza intrinseca della nostra regione alla voce «capitale umano». Accade cioè che il Veneto, dove già storicamente la quota di popolazione in possesso di un titolo di studio terziario (laurea o superiore) è più bassa rispetto alle altre aree del Paese, negli ultimi anni abbia addirittura ceduto «cervelli»
Paolo Ciucci
Nel settore del credito si comincia a vedere una luce nuova, per la prima volta da 5 anni si registra un incremento del 2% degli impieghi bancari
all'estero o al resto d’Italia, con un deflusso netto di laureati pari all’1,4%. «In numeri assoluti - sottolinea Massimo Gallo, responsabile della divisione ricerca economica e neo vicedirettore della sede veneziana della Banca d’Italia - si tratta di 5.600 laureati che hanno lasciato il Veneto. Questo ci suggerisce che il disallineamento tra le competenze possedute dai lavoratori e quelle richieste dal mercato, nella nostra regione si è accentuato». Detto in altri termini: da un lato abbiamo un sistema produttivo molto vivace ma con una quota ancora importante di imprese di piccole dimensioni o attive in settori a bassa tecnologia (dove i laureati rimangono una minoranza), dall’altro scontiamo un sistema formativo che ancora fatica a indirizzare gli studenti verso le competenze maggiormente richieste dal mercato del lavoro.
Ciò non di meno, c’è tutto un mondo attor-
no che ha ripreso a galoppare saltando oltre gli ostacoli. «Quelle imprese che hanno superato la doppia, profonda recessione - analizza il direttore Ciucci - hanno colto l’opportunità per rivedere i propri processi organizzativi, comprendendo in particolare l’importanza della gestione finanziaria. La liquidità generata è stata reinvestita in azienda e sono stati increUn mentati gli investimenti, cresciuti nell’industria dell’8%». Autofinanziamento più incentivi governativi (grande successo per il superammortamento previso dal piano Calenda per l’Industria 4.0, che ha prodotto un vasto rinnovamento del parco macchinari delle aziende) stanno alla base di questo notevole risultato. Particolarmente significativo anche il dato che misura la produttività del nostro sistema-imprese: le industrie venete non soltanto marciano a un livello superiore rispetto alla media nazionale (e questa è una tendenza consolidata) ma hanno anche incrementato la differenza a proprio favore in diversi comparti della produzione, come l’agroalimentare, la moda e il settore macchinari& impianti.
approfondimento a parte del rapporto di Bankitalia, curato da Vanni Mengotto (già presidente regionale dell’Associazione nazionale dei Comuni, Anci), ha indagato gli investimenti degli enti pubblici territoriali, in relazione alle regole sul pareggio di bilancio entrate in vigore nel 2016. Ebbene, il nuovo sistema ha prodotto nel Veneto un risparmio totale di 676 milioni: soldi non spesi e accantonati da Comuni e Province, all’interno di un quadro generale che vede meno del 2% di enti locali veneti con un disavanzo di bilancio e un solo, piccolo Comune, Povegliano Veronese, sottoposto a procedura di riequilibrio dei conti.
E le banche, a un anno esatto dalla liquidazione coatta delle ex Popolari venete? In regione operano 96 istituti di credito (di cui solo 29 hanno sede qui) ma il numero di sportelli diminuisce ogni anno a colpi di centinaia: alla fine del 2017 erano in tutto 2.800, cioè lo stesso numero registrato quasi vent’anni prima, nel 1999. Per contro, è salito al 54% il numero dei contratti di banking on-line in rapporto alla popolazione residente. «La fine delle ex Popolari - ragiona Ciucci - non ha determinato un vuoto nell’offerta creditizia del Veneto. È in corso un processo necessario di concentrazione per tutti gli operatori bancari, alla ricerca di una maggiore efficienza. Anche le Bcc hanno intrapreso un percorso di ristrutturazione e aggregazione, che dovrebbe culminare nella costituzione delle due capogruppo nazionali, Iccrea e Cassa Centrale Trento».