Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Mio zio torturato Quei due ragazzi sono senza pietà»

- di Andrea Priante

«Arileggere i verbali, quei ragazzini appaiono spietati. Per questo vanno puniti severament­e». Lo dice il nipote del clochard arso vivo nel Veronese a causa dello «scherzo» di due minori

VERONA Un uomo arso vivo per un gioco finito male, orchestrat­o da due ragazzini di 16 anni (ne compirà 17 a novembre) e 13 anni.

Lo scorso dicembre Ahmed Fdil, un clochard che da qualche tempo dormiva in una vettura abbandonat­a a Zevio (Verona) è morto per uno «scherzo», come emerge dai verbali degli interrogat­ori resi dai due studenti che, quando non sapevano come occupare il tempo, andavano a tormentare il senzatetto. «Per noia», hanno detto. Con il più grande che in una conversazi­one accusa l’amico: «Tanto il tuo sogno l’hai realizzato (...) Cosa mi hai detto? “Ho realizzato il mio sogno di ammazzare una persona”». L’altro nega.

Ma per Salah, il nipote della vittima, «sono frasi agghiaccia­nti». Da mesi chiede giustizia per lo zio ucciso. «A rileggere ciò che si dicevano, appaiono spietati: hanno lanciato della carta infuocata nell’auto mentre dormiva lasciandol­o bruciare come un ratto in gabbia, facendolo soffrire fino all’ultimo respiro». Ora che nei confronti del sedicenne (l’altro, vista l’età, non è neppure imputabile) la procura per i minori ha chiesto il giudizio immediato, Salah dice di sperare in una condanna esemplare: «La Giustizia italiana deve dare una lezione a quei ragazzi ma anche a tutti coloro che pensano che la vita di un senzatetto non abbia alcun valore. L’hanno torturato: non li perdonerò mai per ciò che hanno fatto a mio zio». I familiari di Ahmed Fdil si sono rivolti all’avvocato Alessandra Bocchi. Il legale non ha dubbi: «Nessuno vuole accanirsi contro quei ragazzini, anche perché è evidente che si tratta di un caso di vera devianza minorile. Ma le loro ammissioni dimostrano che il delitto era premeditat­o: sapevano che l’uomo dormiva in quell’auto e sono andati in una pizzeria solo per rimediare dei tovaglioli di carta da poter incendiare».

Il sedicenne si trova rinchiuso in una comunità protetta, in attesa di comparire di fronte al giudice il prossimo 11 dicembre. Il suo avvocato Marzia Rossignoli anticipa l’intenzione di «puntare alla rieducazio­ne del ragazzo, e mi auguro che l’esito del processo sia orientato a questo scopo». Il legale spera di ottenere una messa alla prova. «In caso contrario punteremo a dimostrare che non si trattò affatto di un omicidio volontario ma preterinte­nzionale».

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Le carte dell’inchiesta Sul Corriere del Veneto di ieri, i verbali dei ragazzi indagati

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