Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
United Colors e la lunga sfida ai codici padani
Nessuno si sorprenda, perché lui aveva avvertito tutti: «Andremo a trovare l’intellighenzia tra i clandestini, quelli che non piacciono a Salvini e ai veneti». Era il 17 settembre scorso e Oliviero Toscani rispondeva così al Corriere del Veneto, mentre veniva ufficializzato il suo ritorno al fianco di Luciano Benetton. E proseguiva: «Il futuro si giocherà tutto su questo, sull’intelligenza “integrativa”, quella che unisce, apprezza la diversità e non ha paura». La foto pubblicata ieri sul Corriere, che riporta alla mente quella dello sbarco della nave albanese Vlora nel 1991 pure brandizzata dai Colori Uniti, rientra dunque perfettamente nella campagna messa a punto da Toscani insieme a Luciano Benetton, dopo che quest’ultimo si è ripreso il timone dell'azienda.
Un ritorno al futuro, ai ruggenti Anni Novanta, il momento di massimo fulgore dello shockvertising firmato Toscani che rese globale il marchio di Ponzano(anche se il sodalizio era iniziato nel 1982). È del 1991 «Amore verginale» col prete e la suora che si baciano, dello stesso anno la neonata insanguinata col cordone ombelicale ancora attaccato («inno alla vita» rimosso perché turbava i passanti), del 1993 i preservativi colorati della campagna contro l’Aids, del 1994 i vestiti insanguinati di Marinko Gagro ucciso in Bosnia, del 1996 i tre cuori umani etichettati «White», «Black» e «Yellow».
Sono, anche, gli anni in cui il Veneto impara a conoscere la Lega Nord, che poi dilagherà fino a diventare la forza egemone di oggi: il 5 dicembre 1994 Giancarlo Gentilini diventa sindaco di Treviso, il 23 aprile 1995 il Carroccio elegge in Regione nove consiglieri tra cui Gianpaolo Gobbo, che sarà l’artefice della cavalcata che porterà Luca Zaia a Palazzo Balbi. Gentilini, Gobbo, Zaia: sono tutti trevigiani e tutti e tre sono costretti a fare i conti con la presenza, ingombrante culturalmente e dunque anche politicamente, di Luciano Benetton. Devono fronteggiare le sue idee liberal (tra il 1992 e il 1994 è senatore del Partito Repubblicano), amplificate dall’obiettivo-megafono di Toscani (che è da sempre Radicale e da pochi giorni ha scelto di tesserarsi col Pd) ma anche i «suoi uomini», visto che nel 1998, contro il Gentilini-bis, scende in campo Domenico Luciani, architetto e direttore - all’epoca - della Fondazione Benetton Studi e Ricerche (finirà sconfitto al ballottaggio).
Il sodalizio tra i Colori Uniti e Toscani si interrompe nel 2000, a causa dei guai provocati dalla campagna contro la pena di morte (erano ritratti alcuni dead men walking, lo Stato del Missouri fece causa e Benetton, che già in passato aveva dovuto fronteggiare la Corte federale di Francoforte, fu costretta a scusarsi, chiudere 400 punti vendita e donare 50 mila dollari al Fondo per le vittime del crimine) ma la tenzone con la Lega prosegue comunque da fronti opposti. La famiglia Benetton soccorre la comunità musulmana inseguita da Gentilini, concedendole il Palaverde per il Ramadan, la Lega la attacca sulle Autostrade («Basta rincari, tornate a stampare magliette»), fino al recente referendum sull’autonomia, che per Luciano è «una stupidaggine» mentre Zaia lo rintuzza: «Il suo voto non vale più di quello dei suoi operai» e Salvini stiletta: «A me interessano i piccoli imprenditori che non hanno la fortuna di essere Benetton». Intanto i consiglieri leghisti di Villorba raccolgono firme contro la risistemazione delle strade attorno a Villa Minelli proposta al Comune dalla famiglia di Ponzano.
Tocchi di fioretto rispetto alla scimitarra roteata da Toscani, che arriva perfino a rinnegare una sua creatura, Fabrica, quando questa nel 2010 si mette al lavoro per la campagna elettorale di Zaia. Sono insulti per tutti: la Lega? «Diarrea mentale». I veneti (che il fotografo identifica in modo inscindibile con i leghisti)? «Atavici ubriaconi». Chi ha votato al referendum autonomista? «Mona». Bitonci? «Non c’è più, cucù» (dopo la caduta da sindaco di Padova). Salvini? «Un ritardato, un cretino, un maialino, i migranti finiranno per tagliargli le palle, sarà tra gli imputati nella prossima Norimberga». Il governo legastellato? «Peggio del fascismo». In tutti i casi c’è il consueto corollario di proteste e querele. Toscani riesce contemporaneamente a firmare la campagna antialcol dell’Usl di Treviso, prendersela col Prosecco («È industriale e inquina») e presentare i suoi vini al Vinitaly mentre i consiglieri di Verona ne chiedono la messa al bando.
Ora i manager del Gruppo, a cominciare dal presidente di Edizione Fabio Cerchiai, rassicurano: «Lavoriamo con tutti i governi, rispettandone le regole». Un segnale di pace verso Salvini e Di Maio che si infrange però contro il nuovo grido di guerra di Toscani, tornato nel frattempo a Fabrica: «Sono come a Fort Alamo qui, ho tirato su le mura, c’è tutta l’artiglieria pronta per l’assalto dei leghisti e siamo barricati dentro, vedrete che strage faremo… resisteremo!». Nessuno poi dica che non era stato avvisato.