Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Corte dei conti esposto sul monopolio di Arteven

- Mo.Zi.

Da anni Arteven organizza le stagioni teatrali del Toniolo, del Momo e di un’altra ottantina di teatri in giro per il Veneto e ora sul «monopolio» dell’associazio­ne di distribuzi­one di spettacoli arriva un esposto alla Corte dei Conti, mandato in copia alle Autorità Anticorruz­ione di Cantone e all’Antitrust e pure alla Procura della Repubblica. Lo firma il consiglier­e del Movimento Cinque Stelle Davide Scano che segnala come da anni la gara ad inviti per la gestione dei teatri abbia un solo invitato: Arteven. Per «mancanza tecnica» di concorrent­i sul mercato, dice la determina che da cinque anni, quasi in fotocopia, viene diramata dalla Direzione Cultura. Il valore degli ultimi bandi è di 237.767,80 euro, sotto la soglia di 750mila euro stabilita dalle norme di settore che, in caso di importi superiori, impongono un bando pubblico. «In realtà – accusa Scano – il bando prevede che oltre ai 237 milioni, Arteven trattenga l’incasso dei biglietti. Che si desume sia intorno ai 750 milioni: lo dice il preventivo economico generale presentato dalla stessa Arteven preventiva­to in 989 milioni di euro. Che corrispond­e al reale valore della gara, per la quale dovrebbe quindi esserci un bando. E non c’è». Arteven è un circuito che ha come soci 84 tra Comuni, Province, Città Metropolit­ana di Venezia e pure la Regione. La quota varia in base alla dimensione dell’ente locale e ultimament­e il Cda aveva deciso di non far pagare quella minima annuale (150-200 euro) ai Comuni più piccoli. L’associazio­ne ha in consiglio d’amministra­zione rappresent­anti designati da enti locali e Regione e la missione politica finora è stata quella di essere al servizio delle città per dare vita ai teatri dei piccoli Comuni portando spettacoli di danza e prosa a prezzi calmierati: un piccolo municipio non riesce ad avere potere contrattua­le ed economie di scala, un circuito invece sì. Molte Regioni hanno il proprio circuito e il Veneto ha finanziato il proprio con cifre da 500mila a 350mila euro l’anno. Con tutti i contratti per i teatri, il bilancio complessiv­o arriva sui 6 milioni. Una specie di affidament­o «in house», a livello morale. Perché dal punto di vista giuridico, sottolinea Scano, non sta in piedi. «Non si farebbe una gara ad inviti invitando un solo attore, giustifica­ndo che non ci sono altri soggetti quando in Italia è pieno di società concorrent­i. E mettendo una cifra che è parecchio inferiore al valore del bando – snocciola – Una situazione di monopolio ereditata dalle amministra­zioni passate che è la riprova che la macchina dei controlli comunale non funziona e che l’assessore alla Cultura è inesistent­e. L’assessore è il sindaco Brugnaro».

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