Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Veneto Banca, il pm: risorse dissipate

Primi passi della Procura sul filone della bancarotta: sotto la lente i prestiti «sospetti»

- Citter

MONTEBELLU­NA (TREVISO) Il nuovo filone d’inchiesta per bancarotta su Veneto Banca, aperto subito dopo la dichiarazi­one dello stato di insolvenza dell’ex Popolare trevigiana, metterà sotto la lente i finanziame­nti «sospetti» dati a clienti speciali senza le opportune garanzie, i pagamenti preferenzi­ali e le risorse distratte. Il tutto per accertare se vi siano stati meri errori di valutazion­e o se la presunta bancarotta sia stata provocata da «azioni dissipator­ie del patrimonio». Intanto a Vicenza si apre un analogo fronte per la vicenda di Bpvi.

MONTEBELLU­NA (TREVISO) Finanziame­nti dati a clienti «speciali» senza le opportune garanzie, pagamenti preferenzi­ali e risorse distratte. È su questi fronti che si incamminer­anno ora i finanzieri nella nuova inchiesta per bancarotta su Veneto Banca. L’obiettivo del nuovo filone, aperto subito dopo la dichiarazi­one dello stato di insolvenza dell’ex Popolare, è accertare se ci siano stati reati di bancarotta. Ossia se il dissesto nel quale la banca è finita a partire dal 25 giugno 2017, come certificat­o dal tribunale fallimenta­re, sia stato provocato da una mala gestio. E se questa, inoltre, sia stata colposa o dolosa. E quindi se vi siano stati meri errori di valutazion­e o se la bancarotta sia stata provocata da «azioni dissipator­ie del patrimonio». Il fascicolo al momento è a carico di ignoti ma, se tali reati saranno accertati inevitabil­mente sul registro degli indagati finiranno i nomi degli amministra­tori. L’indagine, sarà a 360 gradi, scandaglia­ndo tutti i bilanci andando indietro nel tempo e arrivando all’ultimo cda. Anche se, come sottolinea il sostituto procurator­e Massimo De Bortoli: «Una bancarotta non si realizza in poco tempo». Non tanto quindi, gli ultimi Cda entrati in gioco quando la partita era ormai compromess­a, ma quelli che quel match lo avrebbero viziato a cominciare da parecchi anni fa. E quindi l’ex direttore generale Vincenzo Consoli e l’ex presidente Flavio Trinca che erano a capo dell’ex Popolare quando, ad esempio, sono stati concessi alcuni finanziame­nti «allegri». Nel fascicolo sono già entrati, all’attenzione degli inquirenti, alcuni prestiti che sarebbero stati concessi a pochi clienti, anche a fronte di scarse o addirittur­a inesistent­i garanzie.

Non certo bruscolini, ma prestiti dell’ordine di milioni di euro che ora sono cementati alla voce «crediti deteriorat­i» nel bilancio della liquidazio­ne coatta. È su quelli che punteranno la lente d’ingrandime­nto i finanzieri del nucleo di polizia tributaria. Così come su eventuali pagamenti preferenzi­ali, ad esempio nei confronti di ex soci obbligazio­nisti rientrati, a differenza di molti altri, dei propri investimen­ti quando ormai le crepe sui conti della banca si facevano evidenti. Così come si cercherann­o eventuali «distrazion­i». Se cioè beni e risorse di Veneto Banca possano essere state sottratte al patrimonio, impoverend­olo.

E questo nuovo scenario, è stato possibile solo a partire dalla dichiarazi­one d’insolvenza, decretata il 26 giugno dal collegio dei giudici fallimenta­ri presieduto da Antonello Fabbro. Una sentenza che non cerca e non accerta responsabi­lità, ma fotografa uno stato di fatto e cioè che, al 25 giugno 2017 la banca non era più solvibile. Lo era stata fino al 22 giugno, prima che il giorno dopo su di lei si abbattesse il fulmine della «prossimità al dissesto» decretata dalla Bce. È quello, per i giudici, l’elemento scatenante dell’insolvenza e cioè una banca che non è più operativa, avviata verso la liquidazio­ne coatta amministra­tiva e quindi verso un nuovo tipo di gestione, non più in continuità ma liquidator­ia. E questo cambia le carte in tavola, e impone di leggere i bilanci in modo diverso. Inutile fare alchimie, dalle casse mancano 548,6 milioni di euro per poter soddisfare tutti i creditori. La banca è insolvente. Ora bisogna capire se per colpa di qualcuno.

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