Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Attesa per i ricorsi in appello. Il legale di Consoli: «Indagini ad ampio spettro, restiamo alla finestra»

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La sentenza che dichiara lo stato d’insolvenza di Veneto Banca? «Le indagini saranno ad ampio spettro». Ermenegild­o Costabile, difensore dell’ex amministra­tore delegato di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, mette le mani avanti, il giorno dopo la decisione del tribunale fallimenta­re di Treviso che ha ancora una volta riscritto lo stato dell’arte dei procedimen­ti giudiziari per il crac di Veneto Banca.

All’indomani della decisione del collegio presieduto dal giudice Antonello Fabbro, c’è attesa per le posizioni che prenderann­o le parti interessat­e. A partire dai possibili ricorsi in appello a Venezia contro la sentenza che ha affermato l’esistenza dell’insolvenza, con una posizione contraria alla linea espressa da Lorenzo Stanghelli­ni, legale dell’ultimo cda di Atlante rappresent­ato in tribunale dall’ex presidente Massimo Lanza. Le consultazi­oni sull’appello su questo versante sono ancora in corso e una decisione non sarebbe stata presa. Razionalme­nte per il ricorso potrebbe deporre la necessità di ribaltare una decisione schieratas­i da tutt’altra parte, da controbila­nciare con un no dovuto al fatto che la sentenza pare non puntare il dito contro il cda di Atlante; ma va probabilme­nte tenuto in conto ancora che, una volta aperta, l’esito dell’inchiesta non può esser dato per scontato. E parimenti si tratterà di vedere cosa deciderann­o di fare i commissari liquidator­i, rimessisi però al tribunale.

Di certo chi ha deciso già cosa fare è Consoli. «Seguiamo attentamen­te la vicenda per le ovvie ricadute sull’inchiesta di eventuali reati fallimenta­ri. Ma rimaniamo alla finestra», sostiene Costabile. Quindi niente ricorsi in appello, lungo la linea operativa che permette di farlo anche agli interessat­i, non solo ai costituiti in primo grado. Costabile rigetta l’interpreta­zione per cui la sentenza che dichiara l’insolvenza pare scagionare l’ultimo cda di Atlante, costruita com’è con i dichiarati «indubbi margini di incertezza quanto all’insolvenza» fino al 23 giugno 2017 e con la volontà di concentrar­si sullo stabilire se, alla data di dichiarazi­one di prossimità al dissesto fatta da Bce, esista un’insolvenza che a quel punto «prescinde dalle cause», visto che si produce per «un solo singolo fattore sopravvenu­to e indipenden­te dalla condotta degli amministra­tori». Ma se il cda è sollevato, la sentenza pare aprire alla ricerca di singole condotte distrattiv­e, anche indietro nel tempo, che abbiano messo in moto la crisi giunta infine alla liquidazio­ne e al dissesto.

Consoli ancora una volta nel mirino? Il difensore non la vede così: «Non c’è questa simmetria. Si dovrà intanto prima vedere l’esito di eventuali appelli - sostiene Costabile -. E la sentenza non entra nel merito del dissesto. Constata solo la situazione avvenuta un anno fa. È solo il presuppost­o per l’indagine, che non potrà che essere ad ampio spettro e dovrà prendere in esame tutte le condotte. Compreso un anno di gestione commissari­ale, per verificare che non abbia peggiorato lo stato di dissesto. Per parte sua Consoli è uscito dalla banca nel 2015. In una situazione in cui il patrimonio era ancora ampiamente positivo».

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